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Speculazione, sfratti e bianchi cool. Atlanta non abita più qui

Speculazione, sfratti e bianchi cool. Atlanta non abita più quiProteste contro gli sfratti nel quartiere di Peoplestown, ad Atlanta – Erik S. Lesser/Epa

Stati Uniti La crisi delle abitazioni nella città della Georgia, pagata dai più poveri. Nel solo 2023 avviate 140mila procedure di sgombero

Pubblicato circa un'ora faEdizione del 5 ottobre 2024

Nel 2023 negli Stati uniti 650mila persone dormivano in strada o in dormitori in un giorno X. Così dicono le statistiche che non raccontano quanti siano gli homeless ma fotografano la situazione in un giorno di gennaio. Poi c’è chi vive ospite da parenti e amici o nelle catene di motel low-cost per lunghe permanenze. Non è un caso se la prima proposta originale di Kamala Harris sia costruire 3 milioni di case a prezzi abbordabili e concedere un credito fiscale per chi vuole comprare casa. La proposta coglie il problema ma non basta. Per capire perché basta farsi un giro nelle case a basso prezzo in una città in grande sviluppo come Atlanta.

«ANDIAMO A PIEDI, l’ascensore è rotto, sono più i giorni che non funziona che quelli in cui funziona». Saliamo per scale che evidentemente nessuno pulisce da tempo e dove mancano molte lampadine, «Vedi questa macchia? I ragazzini giocano con gli estintori e questi sono scarti di spazzatura che qualche inquilino lascia qui. La proprietà se ne sbatte». Leslie Ragan vive qui da dieci anni, ha una faccia dolce e una voce pacata, ma è sfinita perché teme che la disattenzione dell’impresa che gestisce il condominio sia una strategia. Ci indica un portellone mancante sul soffitto: «Da qui si sale al tetto, ci salgono i ragazzini, può essere pericoloso… ma soprattutto ci piove e quando ci sono temporali forti salta la luce. Segnalo queste cose di continuo, ma mentre con la vecchia proprietà si ottenevano risultati e chi usava gli spazi comuni come pattumiera veniva redarguito, ora se ne infischiano». Le sue preoccupazioni la hanno portata a partecipare nella Housing Justice League che si batte contro gli sfratti e la speculazione edilizia che colpisce la zona sud della città.

SIAMO alle General Electric Tower, fabbrica divenuta condominio ad affitto controllato ad Atlanta, Georgia. Tradizionalmente repubblicana, è diventata uno degli Stati cruciali per arrivare alla Casa bianca, vinta per 11mila voti da Biden nel 2020. Negli ultimi 20 anni la città è cresciuta in ricchezza, sviluppo e popolazione, sono aumentati i bianchi e diminuiti i neri, che restano il 61% nell’area metropolitana ma sono scesi sotto al 50% in città. Nel sud ovest della città dove ci troviamo sono l’89%.
A Peoplestown non lontano dalle Towers troviamo la causa delle preoccupazioni di Leslie: dove c’è lo stadio costruito per le Olimpiadi del 1996 hanno raso al suolo molti isolati e costruito condomini cool per giovani famiglie tendenzialmente bianche. Il tessuto sociale che c’era è scomparso, sostituito da locali carini lungo una strada sulla quale vediamo solo giovani dall’aria liberal con passeggino e cane di razza. Una classica contraddizione delle metropoli Usa, i bianchi giovani di sinistra e laureati che sottraggono spazi a quartieri lasciati andare in rovina. La sinistra Ztl diremmo qui. «Qui c’erano negozi che tradizionalmente erano attività di ebrei e neri, ora non c’è quasi più nulla, la spesa la devi fare negli shop dei benzinai» ci racconta Alison Johnson, la leader della Housing Justice League.

AL PIANO INTERRATO della GE Tower stanno facendo lavori da un paio di mesi, nel corridoio c’è un rumore assordante e nuvole di polvere, nessun telo di plastica davanti a isolare le porte degli appartamenti. «Da quando hanno cominciato esce acqua marrone dal rubinetto» ci spiega Dessie, che ci ha aperto la porta per mostrare un getto d’acqua non proprio allettante nel lavandino della cucina. La sua vicina, Felicita, magra e piuttosto malridotta ci sente parlare e vuole dire la sua. In salotto una enorme foto del figlio vestito in toga e tocco, l’uniforme da giorno del diploma, «è in carcere da tre anni, sono sola e per questo mi hanno fatto quel che mi hanno fatto». Quel che le hanno fatto è aver buttato i suoi vestiti senza consultarla, danneggiato mobili, fatto sparire la lavatrice mentre era in albergo per consentire i lavori. L’impressione di tutti è che gli operai non abbiano indicazione di rispettare gli inquilini ma il contrario. Al secondo piano Mary racconta di come gli ascensori che non funzionano la costringano in casa dopo un’operazione all’anca: «A volte mi trascino giù per le scale, ma non è vita. In teoria avrebbero dovuto trasferirmi al piano terra, ma chi li ha visti…». Gli inquilini lamentano perdite dei tubi, topi, muffa e scorribande di gang nel garage dove al mattino non è raro ritrovarsi il lunotto in frantumi.

Ma è solo volontà di guadagnare senza offrire nulla in cambio quella delle imprese che gestiscono questi condomini ad affitto sussidiato? Non proprio. A volte l’idea dietro alle ristrutturazioni è quella di aumentare gli affitti ricontrattando con poteri pubblici e sfrattando chi non paga in tempo (può bastare un giorno di ritardo), oppure si può lasciar andare l’edificio in malora fino a farlo dichiarare inagibile o inidoneo a essere un edificio sovvenzionato per poi ristrutturarlo o buttarlo giù e ricostruirlo vendendo e affittando a prezzo di mercato. Gli edifici sovvenzionati sono con sempre maggior frequenza di proprietà di grandi imprese che li comprano con questo intento.

AD ATLANTA il fenomeno è particolarmente diffuso: il gruppo Invitation Homes, ad esempio, possiede più di 12mila appartamenti e nelle sue proprietà l’affitto medio è aumentato del 7,1% nel 2023. L’idea è moltiplicare quel che è successo nell’area attorno allo stadio a Peoplestown, far arrivare inquilini e compratori ed espellere chi ci vive. Del resto, nel 2023 nell’area metropolitana di Atlanta sono state avviate circa 140mila procedure di sfratto e il 15% è stato eseguito nel corso dell’anno.

SECONDO l’Eviction Lab che monitora i dati in 36 città, sono 1 milione e 72mila gli sfratti eseguiti negli ultimi 12 mesi.
Ma torniamo a Kamala Harris e alla sua proposta sulla casa. I dati del Joint Center for Housing Studies dell’Università di Harvard ci dicono che nel 2023 22,5 milioni di famiglie spendeva più del 20% del reddito per l’affitto (tra questi 12 milioni il 50%). Tradotto: quel che propone Harris non basta. Qualche giorno fa sul New York Times, Alexandria Ocasio-Cortez e la senatrice del Minnesota Tina Smith proponevano un piano di edilizia popolare pubblica e lo stimolo alla nascita di cooperative edilizie, del tipo di quelle diffuse in Nord Europa.

«La città cresce, ma continuiamo a veder crescere analfabetismo funzionale e disuguaglianze e i due grandi progetti sono la costruzione di un mega centro di addestramento per la polizia nazionale e i Mondiali di calcio che come le Olimpiadi del ’96 porteranno speculazione. Occorrerà vigilare con grande attenzione». Stavolta a parlare è Devin William Ward, community organizer candidato al comune. Ward ha lavorato in passato con Stacey Abrams, candidata a governatrice perdente a cui tutti danno il merito di aver organizzato una campagna di registrazione al voto che ha portato alle urne molti disabituati a votare.

LA SPERANZA di Ward (e dei democratici in genere se vogliono vincere in Georgia) è che la gente che vive nelle case ad affitto controllato e gli altri di aree come Peoplestown vada a votare. In America i poveri votano poco e i risultati si vedono, ad esempio ad Atlanta.

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