Internazionale

Usa, i portuali tornano a lavoro con la promessa di un aumento del 61%

Portuali della Longshoremen Association manifestano in Texas ApPortuali della Longshoremen Association manifestano in Texas – Ap

Stati Uniti Lo sciopero dei 45.000 lavoratori della costa est. Resta aperta la questione dell'automazione

Pubblicato circa un mese faEdizione del 5 ottobre 2024

Si è chiuso dopo tre giorni il primo sciopero dal 1977 dei portuali sulla costa orientale statunitense, che aveva bloccato i porti dal Maine al Texas. Nella serata di giovedì 3 ottobre, l’International Longshoremen Association – il sindacato dei portuali – e l’associazione dei gestori dei porti e dell’aziende logistiche Umsx hanno annunciato di aver raggiunto un accordo che prevedrebbe un aumento salariale del 61.5% per i prossimi sei anni (i dati sono ufficiosi), e contestualmente un’estensione della durata del contratto collettivo vigente fino al 15 gennaio 2025, per permettere la negoziazione su altri ambiti, prima fra tutte la questione dell’automazione.

IL SINDACATO chiede di vietare completamente l’uso dei robot per la gestione dei container, mentre le aziende temono di perdere terreno nei confronti dei competitor internazionali.
Se l’accordo venisse confermato, i portuali otterrebbero un aumento salariale molto superiore rispetto all’ultima offerta fatta circolare dalla componente datoriale subito prima dell’inizio dello sciopero (intorno 50% su sei anni), anche se inferiore alla loro richiesta iniziale (il 77%), che li avrebbe messi alla pari con i salari previsti per i portuali sulla costa ovest, rappresentati da un altro sindacato e coperti da un altro accordo collettivo. Messe di fronte ai possibili danni miliardari che sarebbero stati causati da un blocco prolungato, le imprese hanno preferito trovare un accordo rapidamente. I lavoratori ottengono così aumenti che li ripagano dell’alta inflazione degli ultimi anni, e si riprendono una quota degli ultra-profitti registrati dalle imprese logistiche nel boom del commercio post-Covid.

RIMANE APERTA la questione dell’automazione: su questo tema, lo scontro è rinviato ai prossimi mesi. Tira un sospiro di sollievo l’amministrazione democratica, quando manca ormai un solo mese alle elezioni presidenziali del 5 novembre. Un lungo sciopero avrebbe presumibilmente causato aumenti dei prezzi e scaffali vuoti, aumentando la pressione di imprese e componenti più conservatrici sul governo perché facesse uso dei suoi poteri per bloccare gli scioperi nel settore dei trasporti. Ma un intervento anti-sciopero da parte di Biden avrebbe provocato grossi malumori nella componente sindacale, di cui Harris vuole assicurarsi il maggior numero possibile di voti.

CON I CIRCA 45mila portuali che sono già rientrati al lavoro, lo sciopero più grande in corso negli Stati uniti rimane dunque quello dei 33mila operai Boeing nella regione di Seattle, giunto ormai alla sua terza settimana. In un tentativo di forzare la mano agli scioperanti, l’azienda ha sospeso loro la fornitura dell’assicurazione sanitaria. All’orizzonte si preannuncia anche un altro possibile sciopero a Stellantis, dopo quello dell’autunno del 2023 concluso con rinnovi contrattuali record. Ieri il sindacato Uaw ha organizzato una manifestazione a Detroit per chiedere conto all’azienda del mancato rispetto di alcune delle promesse siglate nell’accordo.

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