Visioni

Urla e suoni nell’Africa immaginaria

Urla e suoni nell’Africa immaginariaMaistah Aphrica

Note sparse Dopo il folgorante torna la formazione italiana dei Maistah Aphrica che si sposta verso l'ethio-jazz

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 1 maggio 2019

Dopo il folgorante esordio ritornano i Maistah Aphrica, ottetto elettroacustico che propone una miscela di afro-jazz e funk. Se nel precedente lavoro si guardava all’afro-beat di Fela Kuti qui ci si rivolge in maggiore misura all’ethio-jazz. Non un rifacimento dei classici ma un Africa visionaria, immaginata e immaginaria ( il nome sta per Mai stati in Africa). Impossibile dare conto di tutte le suggestioni dal blues-rock sventrato dalle tastiere sunraniane di Giorgio Pacorig in G.Weah ai richiami reggae-minimal di Maistah Aphrica. Irresistibile è Bolombtzky Marsch trascinata dai fiati e da una ritmica indiavolata mentre Cosmo Des è ultrafunk con memorie di colonne sonore seventies. Alla varietà nello sviluppo dei brani e alla ricchezza di suono ( tra i vari strumenti anche elettronica, ukulele e corno francese) i musicisti affiancano una cifra stilistica personale. Si ascolti la tromba di Gabriele Cancelli, pregna di umori balcanici, o il sax alto di Clarissa Durizzotto, i cui interventi sono urli e raffiche di note del miglior freejazz. Il cd sono serigrafati e confezionati a mano in edizione limitata. Il jazz italiano non è maistah così vivo!

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