Università sovranista
Olanda Prima l’olandese. Il giro di vite anti-stranieri del governo Wilders taglia i corsi in inglese, da sempre fiore all’occhiello del paese. Una stretta suicida che penalizza didattica e futuro
Olanda Prima l’olandese. Il giro di vite anti-stranieri del governo Wilders taglia i corsi in inglese, da sempre fiore all’occhiello del paese. Una stretta suicida che penalizza didattica e futuro
Fino a poco tempo fa, l’Olanda era una delle prime scelte in Europa per gli studenti universitari internazionali: grazie a un sistema che vanta una lunga tradizione, tasse ragionevoli, burocrazia facile, integrazione con il mondo del lavoro, e soprattutto gran parte dei corsi in inglese, la popolazione universitaria straniera rappresenta il 15% del totale e gli italiani sono addirittura la seconda nazionalità dopo i tedeschi. Tuttavia, una lettera inviata a fine ottobre al parlamento da Eppo Bruins, ministro all’Istruzione nel governo di Geert Wilders, ha formalizzato un giro di vite anti-stranieri da tempo annunciato: basta corsi inglese. O al massimo corsi in inglese solo se strettamente necessario.
SEMBRANO PASSATI mille anni da quando i ministri olandesi dell’istruzione andavano in giro per il mondo a promuovere l’eccellenza degli atenei del Regno ma la svolta nativista si fiutava da tempo: i sindacati degli studenti locali sono furiosi perché le aule sono piene e le poche camere disponibili sono affittate a peso d’oro; la politica, di destra, è furiosa perché l’olandese è stato addirittura sostituito dall’inglese negli atenei più grandi, come Amsterdam e Utrecht, come lingua veicolare per le interazioni amministrative. E tutti puntano il dito contro il nemico comune rappresentato dagli internazionali.
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Lavoro povero e ideologia del merito: la scuola scioperaC’è chi parlava di quote, come quelle già messe per limitare l’afflusso di extra Ue ma limiti ai comunitari, almeno per ora, non possono essere messi. Fatta la legge, trovato l’inganno: l’accesso non può essere limitato ma nessuno a Bruxelles può avere qualcosa da ridire su l’innalzamento di barriere linguistiche. E così, come già accaduto con il turismo, con il mercato immobiliare e con tante altre voci, l’Olanda è rimasta vittima del suo eccellente marketing globale e mentre capitalizzava il miracolo della Brexit, facendo shopping di multinazionali e talenti da ricollocare al di qua della Manica, consacrava anche la sua posizione come hub universitario continentale (e oltre).
CON UNA SPINTA al volume delle tasse universitarie e all’indotto di interi comuni, perché tanto furore contro una delle più rispettate categorie di clienti sul mercato globale (ossia gli studenti stranieri)? «Il nuovo indirizzo politico preoccupa molto anche gli olandesi e rischia di danneggiare la didattica», dice Ludovico Romagnoli, che a Utrecht sta facendo un master di ricerca in Filosofia «prendi il mio corso di studi: in Italia abbiamo una tradizione filosofica molto diversa da quella olandese e l’afflusso di docenti e studenti dal nostro paese o dalla Germania è considerato vitale per mantenere uno standard di livello». E anche la descrizione dell’“invasione” non sembra rispecchi molto la realtà: «Ma no, non c’è nessuna invasione di stranieri», dice ancora Ludovico, «e giusto per il personale docente si può arrivare al massimo al 50%». E il problema abitativo? «Quello è un dramma per tutti. Un collega olandese di corso è costretto a fare il pendolare tra qui e Leuwaarden dove vivono i genitori, a 150km di distanza, perché non ha trovato nulla a Utrecht».
ALMENO I LOCALI possono contare sulle famiglie mentre gli stranieri, a inizio anno accademico, riempiono campeggi e ostelli per settimane sperando in un miracolo perché il sostegno dagli atenei, quello non arriva: l’anno scorso alcune università, tra le quali quelle di Amsterdam, lo hanno scritto nero su bianco sul sito: se non avete un alloggio, non venite in Olanda. Gli studentati hanno liste d’attesa talmente lunghe che in alcuni casi doppiano la durata stessa dei corsi triennali e la carenza cronica ha alimentato lucrative alternative di lusso, come i controversi “Student Hotel”, “scam” e razzismo; “Dutch only”, accanto alle inserzioni su siti e social, per quanto sia illegale è ormai un avviso che si trova di frequente.
PER QUANTO PARADOSSALE possa sembrare, la svolta sovranista dell’università dei Paesi Bassi, più che un “prima gli olandesi”, pare un auto-sabotaggio: «La chiusura di corsi per colpa dei tagli e un passaggio forzato a insegnamenti in olandese, i danni principali li fa proprio all’Olanda», dice Marco Locarno, docente a Utrecht di Molecular and Biophysical Life Sciences. «Il glossario tecnico internazionale usato nella mie discipline è in larga parte in inglese e se anche dovessi insegnare solo a olandesi, rimarrebbe un problema chiave: l’afflusso di studenti internazionali ha anche lo scopo di formare profili che in Olanda sono molto richiesti e mancano sul mercato locale», dice ancora il docente. «Tanti di loro dopo il corso di studi si stabiliscono qui, lavorano e pagano le tasse». Per un paese piccolo e con un profilo internazionale come i Paesi Bassi vuol dire, semplicemente, chiudersi. E soprattutto farlo senza un piano alternativo.
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