Università, sciopero degli esami a settembre. Sinopoli (Flc-Cgil): «Allarghiamo la mobilitazione»
Una mobilitazione inedita Cinquemila docenti universitari protestano per il blocco degli stipendi e faranno saltare la sessione degli esami. Francesco Sinopoli, segretario della Flc-Cgil: "Va bene questa vertenza ma bisogna costruire una mobilitazione generale". Sulla scuola servono risorse aggiuntive, mentre i bonus previsti da Renzi devono tornare a far parte del contratto
Una mobilitazione inedita Cinquemila docenti universitari protestano per il blocco degli stipendi e faranno saltare la sessione degli esami. Francesco Sinopoli, segretario della Flc-Cgil: "Va bene questa vertenza ma bisogna costruire una mobilitazione generale". Sulla scuola servono risorse aggiuntive, mentre i bonus previsti da Renzi devono tornare a far parte del contratto
A settembre 5 mila docenti di 79 università sciopereranno per il blocco degli stipendi e faranno saltare gli esami. Francesco Sinopoli, segretario della Flc-Cgil (scuola e università) sosterrete le ragioni di questo sciopero?
In questo paese esiste una questione salariale drammatica che riguarda milioni di persone. Dunque va bene questa vertenza ma bisogna costruire un movimento che tenga dentro tutte le componenti dell’università a cominciare dagli studenti, dai precari e dal personale tecnico-amministrativo che soffre per lo stesso blocco degli stipendi. A questi aggiungerei anche gli enti pubblici di ricerca dove i precari del Cnr stanno conducendo una battaglia per i diritti e la stabilizzazione. Serve costruire una piattaforma ampia che permetta di canalizzare insieme queste vertenze. In autunno bisogna assumersi la responsabilità di un’iniziativa collettiva. Esistono le basi per una mobilitazione generale nell’istruzione e nella ricerca. Si può iniziare dall’idea che bisogna investire in maniera massiccia a partire dai salari.
Ammesso che esista un governo disponibile a farlo. Non ritiene che il problema dell’università sia anche quello del sistema di valutazione dell’Anvur?
Questo sistema è funzionale ai tagli che l’hanno colpita in maniera sanguinosa, come la scuola. Hanno danneggiato molti atenei del Sud, e non solo, favorendo il drenaggio delle risorse altrove. Abbiamo subito la più ideologica delle valutazioni, ora bisogna mettere radicalmente in discussione il suo approccio politico regressivo.
Il problema salariale riguarda anche la scuola dove gli insegnanti hanno gli stipendi più bassi d’Europa. Basterà l’incremento di 85 euro lordi medi mensili dal 2018?
Dopo nove anni senza contratto non basteranno nemmeno a recuperare il potere di acquisto perduto. Tra l’altro gli 85 euro devono essere confermati nella legge di stabilità di fine anno. Al momento le risorse concordate sono presenti solo in parte e il resto dev’essere confermato.
Questi soldi si aggiungeranno al bonus da 80 euro?
C’è il rischio che gli uni escludano l’altro e ancora non è stata trovata una soluzione. Il bonus è strutturato per fasce retributive e interessa molti lavoratori della scuola e della ricerca. Percepire un aumento da 85 lordi può significare perdere il bonus. Ma è impensabile percepire un aumento di 85 euro per poi perderne 80.
Per la ministra Fedeli gli insegnanti dovrebbero avere 3 mila euro di stipendio ma oggi è impossibile un aumento per i vincoli di bilancio. Tra un aumento di zero e un totale di 3 mila euro non esiste una mezza misura dignitosa?
La ministra dice il vero, ma oltre a rilasciare dichiarazioni condivisibili bisogna che il suo governo faccia uno sforzo maggiore prevedendo un investimento aggiuntivo di risorse. La card per la formazione degli insegnanti da 500 euro dovrebbe inoltre tornare nel contratto, così come il bonus premiale da 200 milioni di euro. Il rinnovo di un contratto dopo nove anni non basterà a recuperare ciò che è stato perso, ma deve servire a mettere le basi per andare nella direzione giusta.
A proposito di «Buona Scuola», questa «riforma» va superata e come?
Serve una presa d’atto che è stata un fallimento. Sui contratti ci sono norme che hanno ridotto il potere negoziale e la partecipazione. Questa riforma ha ridotto la scuola a un problema manageriale concentrando il potere nella figura del dirigente senza risolvere alcun problema, ma creandone di nuovi. Le assunzioni di Renzi sono state fatte in un modo scollegato dalla programmazione e non hanno rispettato gli obiettivi che si proponeva. Ci siamo trovati con cattedre scoperte perché il piano di assunzioni non rispecchiava le reali esigenze delle scuole.
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