Roma riammoderna il suo esercito con i panzer made in Germany. Plana sul tavolo dell’affollatissimo ufficio-ordini di Rheinmetall la più grande commessa di mezzi corazzati della storia del colosso degli armamenti con sede a Düsseldorf.

Era da settimane nell’aria fra gli addetti ai lavori, ora la notizia è di pubblico dominio: l’amministratore delegato di Leonardo, Roberto Cingolani, ha firmato il memorandum d’intesa con il Ceo dell’impresa tedesca, Armin Papperger, per mettere in piedi la maggiore joint-venture militare mai stipulata tra Italia e Germania. Prevede l’acquisto di 550 mezzi blindati del catalogo Rheinmetall da «italianizzare» negli stabilimenti produttivi di Leonardo secondo le specifiche stabilite dallo Stato maggiore di Roma.

I MODERNISSIMI CARRI ARMATI “Panther” armati con il micidiale cannone da 130 mm battezzato Future Gun System, presentati alla fiera della Difesa “Eurosatory” di Parigi del 2022 (del costo di oltre 15 milioni di euro l’uno), per sostituire gli obsoleti e ormai inservibili tank “Ariete”. Oltre a una montagna di blindati per la fanteria modello “Lynx”, l’intero relativo corredo di derivazioni: dai carri-soccorso con la gru fino ai mezzi corazzati per il recupero dei feriti sotto il fuoco nemico.
In totale, un affare economico da 20 miliardi di euro nei prossimi dieci anni, così politicamente suddiviso: il governo Scholz incassa l’ordine da record a favore dell’impresa renana a cui ha commissionato il riarmo della Bundeswehr, più la divisione dei costi di sviluppo del sistema d’arma; il governo Meloni, porta a casa la «vantaggiosa» concessione strappata ai tedeschi: la catena di montaggio e il supporto logistico «saranno realizzati in Italia nella quota del 60%».

VUOL DIRE POSTI DI LAVORO assicurati in entrambi i Paesi, tengono a precisare i Ceo delle due aziende, mentre alla domanda «chi paga?» sembra poter rispondere sufficientemente l’ammontare complessivo dello stanziamento per la sostituzione dell’”Ariete” attualmente a disposizione del ministero della Difesa, pari a più o meno 8 miliardi di euro.

«Le sinergie industriali e tecnologiche tra Leonardo e Rheinmetall rappresentano un’opportunità unica per sviluppare carri armati e veicoli per la fanteria all’avanguardia. Questo accordo è un contributo fondamentale verso la creazione di uno spazio della difesa europeo» sottolinea Cingolani.

IL SUO COLLEGA TEDESCO invece è più pragmatico limitandosi a festeggiare il business non così scontato, visto che l’Italia si è rivolta ai tedeschi soltanto dopo essersi ben guardata in giro fra i produttori di tank. «In questo modo ci rivolgiamo al mercato italiano e di altri Stati partner che hanno bisogno di modernizzare i loro sistemi di combattimento. La joint-venture con sede in Italia servirà inoltre per definire la road map per il futuro “Main Ground Combat System” europeo» riassume Papperger, che guida l’impresa campione di profitti alla Borsa di Francoforte.

Corrisponde esattamente all’economia di guerra auspicata da Ursula von der Leyen, presidente uscente della Commissione Ue, in pole position per il secondo mandato. Fa di sicuro aumentare il Pil complessivo dell’Europa piegata dalla crisi ma mette d’accordo perfino i leader che mal si sopportano in pubblico quanto nelle stanze dove si decidono le nomine apicali dell’Ue.

IL MEMORANDUM Leonardo-Rheinmetall, di fatto, restituisce la joint-venture politica fra Roma e Berlino, perfettamente allineate sulla trincea del nuovo euro-atlantismo. Il via libera comune calato dall’alto ai mega-contratti per l’esercito italiano non può che provenire dai governi Scholz e Meloni, che hanno appena votato per l’Europarlamento su programmi politici opposti. Ma tutt’altro che avversari sul fronte del business bellico.

«L’attuazione dell’accordo siglato sarà soggetta alla preventiva approvazione delle autorità di regolamentazione competenti, tra cui la Commissione europea e le rispettive autorità nazionali garanti della concorrenza» sottolinea il comunicato stampa di Leonardo, dando la misura dei soggetti coinvolti sotto il profilo istituzionale.