Quello del malcontento degli insegnanti ungheresi è un problema che data da lungo tempo. Questa situazione è complessa e dovuta a diversi fattori. Una situazione iniziata da prima del ritorno del Fidesz di Orbán al governo ma che, secondo diversi analisti, conosce un peggioramento rilevante con l’attuale sistema di potere. Vi è senz’altro una motivazione economica che rende difficoltosa la vita degli insegnanti: si parla di stipendi pari a 300.000 fiorini al mese (circa 804 euro) per gente che ha diversi decenni di servizio alle spalle, e di circa 500 euro mensili per chi inizia a svolgere questo lavoro. Si tratta del salario più basso in tutta l’Unione europea.

Questo stato di cose fa dire agli addetti al settore che l’Ungheria non è un paese per insegnanti, tanto che sempre meno gente pensa di intraprendere questa carriera.

Il problema, però, non è solo economico, anche se le difficoltà prima descritte brevemente sono più che sufficienti a creare molto disagio. Non solo economiche, si diceva, infatti gli insegnanti lamentano da tempo chiare ingerenze nel settore da parte delle autorità governative. Di fatto si è arrivati a un controllo del mondo della scuola ad opera del sistema con libri di testo riscritti da autori e pubblicati da editori graditi ai governanti. Libri di testo; ad esempio, quelli di storia contenenti narrazioni ispirate dal potere che è da tempo impegnato sul fronte della rilettura della storia patria, specie di quella contemporanea con tesi concepite per creare una coscienza nazionale a suo uso e consumo.

Il punto è che molti insegnanti sentono che, per quanto suesposto, il loro ruolo viene svuotato di significato. Sempre meno liberi, ritengono di essere in balia di poteri che vogliono trasformarli in cinghie di trasmissione della propaganda governativa con tanti saluti al libero sapere, al pensiero critico. Ma l’esecutivo ungherese fa di tutto per scoraggiare il pensiero critico già dai primi anni di scuola. Se le persone vengono formate in questo modo risultano più facilmente manipolabili e privi di possibilità di scelta.

Insomma, per tutto ciò le manifestazioni di protesta sono diventate più frequenti: esse vedono protagonisti non solo gli insegnanti ma anche numerosi genitori e studenti che denunciano un sistema scolastico inquinato dall’ideologia del governo. “Le propensioni politiche non c’entrano – dicono – vogliamo una buona scuola con insegnanti capaci e una qualità dell’insegnamento degna di un paese evoluto”.

Gli effetti di queste politiche non hanno tardato a palesarsi: come si diceva c’è molta frustrazione fra gli insegnanti, molti dei quali affermano che la loro professione non è più così gratificante. Una professione sempre meno ambita, a quanto pare; tanto che, secondo recenti stime del sindacato di categoria mancano 17.000 docenti, ossia il 15% del totale necessario a soddisfare il fabbisogno di insegnamento. Il malcontento è grande e, come già precisato, porta in piazza insegnanti, genitori e studenti per denunciare l’ormai chiara assenza di autonomia scolastica e chiedere una scuola di qualità in cui gli insegnanti siano rispettati e retribuiti in modo adeguato.

Coloro i quali portano avanti queste rivendicazioni fanno notare che negli ultimi test relativi al Programma per la valutazione internazionale degli allievi, gli studenti ungheresi sono risultati essere al di sotto della media europea in svariate materie e anche in competenze fondamentali come quelle legate alla lettura, alla matematica e alle scienze.

Come al solito, però, il governo non sembra essere molto sensibile alle proteste che nella sua messaggistica rivolta all’opinione pubblica sono di norma sminuite. I manifestanti accusano il sistema di non rispettare i lavoratori e lo Stato di diritto e di aver portato numerosi ungheresi a espatriare per cercare altrove migliori condizioni di lavoro e di vita e democrazia.

Il problema dell’assenza di autonomia nelle scuole ungheresi con gli attuali governanti non è un fatto nuovo; soffre di questa problematica anche il settore universitario il quale, pure, ha più fatto sentire la sua voce per denunciare un sistema che soffoca il libero sapere e mortifica la figura del docente. È chiaro che questa situazione è insostenibile; il problema, però, è che allo stato attuale delle cose non sono in vista prospettive di cambiamento, ed è un dramma, data la necessità di un cambiamento urgente, concreto e sostanziale.