Internazionale

«Una mini-Nato nel Pacifico», la Cina reagisce a Camp David

«Una mini-Nato nel Pacifico», la Cina reagisce a Camp DavidIl premier giapponese Kishida arriva a Camp David – Ap/Andrew Harnik

Asia Ieri il trilaterale storico tra Stati uniti, Corea del Sud e Giappone. Biden loda il coraggio dei due paesi asiatici e introduce l'impegno ad agire insieme contro qualsiasi minaccia esterna

Pubblicato circa un anno faEdizione del 19 agosto 2023

Come previsto, la Cina non ha accolto con entusiasmo il vertice tra Stati uniti, Corea del Sud e Giappone a Camp David, bollato come un tentativo «impopolare di portare scontri di campo e blocchi militari nell’Asia-Pacifico, susciterà inevitabilmente vigilanza e opposizione dai Paesi della regione». Ad affermarlo è il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin, poche ore prima della conferenza stampa congiunta dal Maryland prevista per le 21 italiane di ieri.

Secondo funzionari Usa, i tre paesi rafforzeranno la cooperazione sulla difesa da missili balistici, amplieranno le esercitazioni militari annuali e svilupperanno un piano per l’assistenza alla sicurezza nel sud-est asiatico e nelle isole del Pacifico. Verrà anche implementata la prima linea telefonica diretta trilaterale, perché i leader possano comunicare in modo sicuro in caso di crisi.

È solo il primo incontro per rafforzare il senso di una nuova era nelle relazioni tra i tre paesi: i leader si impegneranno a incontri annuali che dovrebbero continuare nelle future amministrazioni, accordo simile alle sessioni regolari che i presidenti Usa hanno con le loro controparti messicane e canadesi.

L’ALLEANZA ha portato la Cina a definire l’incontro lo sforzo di «cricche varie ed esclusive». Ma anche gli Usa non risparmiano commenti: il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan ha affermato che gli Stati uniti sono «preoccupati» per le implicazioni sulla sicurezza nazionale delle relazioni tra Corea del Nord e Russia che, secondo quanto riferito, stanno cooperando sulla tecnologia dei missili nucleari.

Biden, a tal proposito, si è detto disposto a incontrare «senza condizioni» il leader nord coreano Kim Jong-un, ma nel frattempo Usa, Giappone e Corea del Sud hanno concordato un nuovo patto per la sicurezza che li impegna a consultarsi in caso di crisi o minaccia alla sicurezza nel Pacifico.

L’impegno non sarebbe paragonabile a quello sancito dall’articolo 5 del trattato Nato, che obbliga gli alleati ad «agire» in caso di attacco a uno dei membri, ma rafforza l’aspettativa che i tre paesi, in caso di attacco, si muovano in tandem. Ed è sufficiente alla Cina per accusare Washington di voler implementare una mini-Nato nell’area.

I dettagli sul nuovo impegno trilaterale sono emersi poco dopo le dichiarazioni di Wenbin, secondo cui nessun paese «dovrebbe cercare la propria sicurezza a scapito dei relativi interessi di altri paesi e della pace e stabilità regionali. (…) La comunità internazionale ha la sua opinione. (L’Asia-Pacifico) è un’area di sviluppo pacifico e un focolaio di sviluppo cooperativo e non dovrebbe mai diventare un’altra arena per la competizione geopolitica».

CHE QUESTO SUMMIT sia uno sforzo dichiarato delle due nazioni asiatiche per superare rancori storici e presentare un fronte unito di fronte a una Cina sempre più assertiva non è un tentativo nascosto, anzi.

Nel suo giro di dichiarazioni Biden ha affermato che «rafforzare i legami tra le nostre democrazie è stata una priorità per me, fin da quando ero vicepresidente» e ha ringraziato entrambi i leader per il loro «coraggio politico».

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