La diplomazia giudiziaria è una materia fatta di dettagli. Dunque la risposta alla domanda su come fare per riportare Ilaria Salis in Italia è un intreccio di passaggi formali e riferimenti impliciti, di postille e parole d’onore. In buona sostanza, nell’impossibilità di far passare l’italiana dal carcere di Budapest alla detenzione domiciliare a Milano bisogna far sì che la giustizia ungherese le conceda una misura alternativa alla prigione. A questo infatti stanno lavorando i suoi avvocati italiani Eugenio Losco e Mauro Straini: l’idea è di allegare all’istanza di richiesta dei domiciliari una lettera con le rassicurazioni del governo di Roma sulle modalità di esecuzione della misura in Italia. Lunedì, a Roma, verranno discussi i dettagli dell’operazione con il ministro degli Esteri Antonio Tajani e quello della Giustizia Carlo Nordio.

Da parte della famiglia Salis filtra una buona dose di ottimismo, ma ancora c’è da essere prudenti: le «indicazioni esplicative» (sorveglianza e partecipazione alle udienze i nodi principali) sono tutte da costruire e, in ogni caso, non è detto che il tribunale di Budapest deciderà di accettarle. Durante l’udienza di lunedì scorso, ad esempio la procura ha ribadito di essere contraria all’uscita dal carcere di Ilaria Salis: una posizione astratta dal momento che i legali della donna non avevano fatto alcuna richiesta in tal senso. E proprio per questo piuttosto indicativa della posizione dei magistrati magiari. Si pone inoltre un problema formale di non poco conto: qualora il tribunale dovesse davvero concedere i domiciliari, in attesa del trasferimento in Italia, dove potrebbe sistemarsi a Budapest? L’unica ipotesi in piedi, ma non si sa quanto praticabile, porta all’ambasciata.

Losco e Straini, ad ogni modo, frenano: «I domiciliari in Ungheria non li chiediamo perché Ilaria là non ha alcun domicilio, alcun collegamento, nessuno potrebbe aiutarla nel sostentamento». Per gli avvocati la chiave è all’articolo 5 della decisione quadro europea del 2009, dove si afferma che «la persona non residente nello stato del processo corre il rischio di essere posta in custodia cautelare in attesa di processo, laddove un residente non lo sarebbe».

SI VEDRÀ. Intanto Tajani, dopo aver ribadito che per lui «Salis è innocente fino al terzo grado di giudizio», ha detto di aver incontrato il suo parigrado Peter Szijjarto e di avergli ribadito la posizione del governo sul caso, soprattutto per la terribile scena dell’ingresso dell’imputata in catene in tribunale: «Lui mi ha detto quello che stanno facendo, che faranno di tutto per verificare che ci sia il rispetto dei diritti». Giovedì prossimo il ministro andrà alla Camera per una informativa urgente sul caso. Ieri pomeriggio, poi, Roberto Salis, il papà di Ilaria, ha incontrato a Milano il presidente del Senato Ignazio La Russa. «Politicizzare questa situazione, da parte di chiunque, è sbagliato, se uno ha a cuore il rispetto dei diritti della ragazza imputata in Ungheria», ha detto La Russa. E ancora: «Ilaria è antifascista?

La difendo lo stesso perché non c’entra il merito della vicenda. Stiamo parlando di una cittadina italiana che, al di là del giudizio che uno può dare, delle sue idee, se il fatto è vero o non è vero che lei partecipava a quella spedizione, è comunque una cittadina italiana per la quale è giusto siano tutelati i diritti della persona». Così il presidente del Senato si anche detto «estremamente favorevole» alla concessione degli arresti domiciliari.