Un uomo e il suo doppio, il remix di generi di Quentin Dupieux
Cannes 72 La piccola provincia e le ossessioni del protagonista Jean Dujardin nel film «Le Daim» presentato alla Quinzaine
Cannes 72 La piccola provincia e le ossessioni del protagonista Jean Dujardin nel film «Le Daim» presentato alla Quinzaine
Per Quentin Dupieux tutti i suoi film sono degli incubi. O delle ossessioni. Più conosciuto come Mr.Oizo, autore di quel Flat Beat che alla fine degli anni Novanta diventa un successo mondiale, Dupieux diviene allora uno dei protagonisti del French Touch, musicista e autore di videoclip col gusto però di esplorare altri territori, musicali e non solo. C’è il cinema, per esempio, che oscilla tra Francia e California. Nel 2006 realizza il primo film, Steak, l’accoglienza è freddina ma non quella critica che elegge questo outsider del cinema a nuovo talento «cool» del momento. Rubber (2010), la storia di un pneumatico assassino, era alla Semaine de la Critique di Cannes, diventa la hit della Croisette, i francesi (stampa) impazziti. Seguono poi Wrong Post e Realité, stesso sapore tra passioni teen ager e lucido controllo, il remix del resto è sempre stata una sua specialità.
SCELTA GIUSTISSIMA quindi quella del nuovo direttore artistico della Quinzaine des Realisateurs Paolo Moretti di inaugurare la sezione col nuovo film (applauditissimo) di Dupieux Le Daim, che gli ha permesso anche di far salire sul palco del Theatre Croisette, sede della sezione, due star quali Jean Dujardin e Adele Haenel.
Le Daim è stato definito dal regista il più «realista» tra tutti i suoi film, ambientato nella «vita vera» mentre gli altri si svolgevano in luoghi indefiniti e con un personaggio femminile forte sullo schermo, per la prima volta, grazie appunto alla complicità con Adele Haenel. Di «vero» in questa vita c’è soprattutto il cinema, la piccola provincia francese set della storia in cui confluiscono le molte province «horror» con i loro alberghetti squallidi, le carte da parati stinte, le strampalate vicine di stanza impiccione che rischiano quasi sempre di finire male. Anche stavolta al centro c’è un’ossessione, quella del protagonista George (Dujardin) che intuiamo si è lasciato alle spalle qualcosa in modo brusco rapito dal suo giubbotto di pelle di daino alla Tex Willer. 100% vera pelle per uno stile da killer. Basta indossarlo, e il George che incontriamo all’inizio in macchina mentre si disfa della sua giacca di velluto diviene un altro. Non sappiamo chi era prima, ora è un filmmaker. Indipendente, ovvio, molto low budget, la piccola digitale che si è ritrovato nelle mani gli permette un cinema a distanza ravvicinata di cui è il solo protagonista insieme all’amato giubbotto. I due coltivano un sogno, essere unici sulla terra, ma come fare? Come distruggere tutte le giacche del mondo e impedire che vengano indossate?
COME in ogni provincia, e ogni storia c’è anche una cameriera (Haenel) con ambizioni da montatrice, che ha rimesso in ordine le sequenze di Pulp Fiction. George l’assolda, lei paga tutto, lui inventa storie, lei diviene la produttrice, indipendenza dell’autore contro controllo produttivo? Lei chiede più sangue, più azione, lui cerca di soddisfare le esigenze di chi mette i soldi: horror, realtà, cinema, whisky…
IL «GENERE» sembra essere l’ultima scoperta del cinema francese – sarà l’effetto Audiard Fratelli Sisters? – Le Daim che somiglia a un film di adolescenti con la telecamerina e ha il gusto vintage di quei film di pazzi seriali low low budget di tanto tempo fa – nel giorno di La cosa e della masterclass di Carpenter – è una scelta di programmazione ma indica qualcosa in più – pensando anche all’apertura dei Morti che non muoiono di Jarmusch (nelle nostre sale il 13 giugno).
Dupieux al suo mix sa dosare con giustezza, gioca su molti registri, assapora la follia, l’umorismo, l’assurdità nei registri e nei toni a lui vicini. Un film sul cinema? Forse. Ma anche un film chiuso un po’ in sé stesso: «Un uomo che filma è un uomo che fa un film» dice Georges. Un po’ come il suo regista.
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