«È importante far capire dal campo che anche la non violenza attiva è una forma di resistenza» spiega al telefono Angelo Moretti del Movimento europeo di azione non violenta. «I civili ucraini che ogni giorno vivono nel contesto drammatico della guerra con la loro stessa esistenza provano che è possibile mettere in atto una forma di resistenza diversa, non basata sulla risposta delle armi ma sulla forza di una comunità che inizia a ricostruire insieme».

IERI, INFATTI, a Brovary è stato inaugurato il Peace village, un progetto architettonico concepito dall’architetto Mario Cucinella e portato avanti grazie al sostegno di diverse ditte private italiane. «Abbiamo costruito tre abitazioni a forma di y inscritta in un cerchio, che ricorda il simbolo circolare della pace, come un movimento vivo alla speranza» racconta l’architetto Cucinella, «una struttura di circa 300 mq composta da tre edifici attrezzati e riscaldati, con pannelli solari che accumulano energia e batterie che entrano in funzione durante i blackout in modo da poter essere usate anche nei momenti più difficili, inoltre abbiamo installato anche un generatore donato da ‘Base italia’ e una rete Starlink sempre attiva. Le tre strutture sono pensate per utilizzi differenti: una specificamente per gli anziani, una per i bambini dove studiare e giocare e una per i ragazzi, per le lezioni a distanza o per i lavori che necessitano di una connessione, una sorta di coworking». Il complesso è definito «rifugio climatico» e utilizza tecnologie ecosostenibili che pongono l’accento anche sull’importanza della transizione energetica. Nel cantiere sono stati impiegati operai specializzati ucraini residenti nella zona «che hanno lavorato nonostante i rischi connessi ai bombardamenti e al contesto generale», spiega Cucinella «ma hanno partecipato molti volontari ed è stato questo uno degli aspetti più sorprendenti: vedere come un’azione concreta, pensata per una comunità in difficoltà fosse subito percepita dalla comunità stessa come qualcosa di importante per la quale impegnarsi».

Anche perché, in contesti come questi «la guerra crea molti danni anche a livello psicologico e il rischio che la depressione, la sindrome post-traumatica o diversi tipi di traumi possano ridurre le persone alla rassegnazione è molto alto» dice Moretti, «credo che per gli europei che vogliono la pace il Peace village possa rappresentare un esempio, un modo per dimostrare con la propria presenza sul campo e le proprie azioni che si è impegnati attivamente contro la distruzione prodotta dalla guerra; e anche per sottrarsi alla logica che accomuna la non violenza con la resa, si può essere non violenti anche in modo attivo».

«PER QUESTO è importante ricostruire, sia per proporre un’attività che faccia intravedere un futuro senza guerra, sia per il valore simbolico della ricostruzione stessa» conclude Cucinella, «oggi (ieri, ndr) è stato inaugurato questo importante progetto e speriamo che molti altri ne seguiranno».