foto Ikon Images
foto Ikon Images – foto Ikon Images
Commenti

Energie rinnovabili: la scelta tossica del governo su Confindustria

Clima L’esecutivo Meloni impone il nucleare contro le nuove scelte industriali. Un suicidio di fronte ai nodi dell’ indipendenza, della sicurezza energetica e della riduzione dei costi
Pubblicato circa un'ora faEdizione del 5 ottobre 2024

È una influenza tossica quella che il governo sta esercitando su Confindustria. Tralasciando affermazioni naif del presidente Orsini, tipo: rivedere i meccanismi ETS (quelli che hanno provveduto a rendere più efficienti le imprese italiane), o l’uso dei microreattori nucleari che sarebbero pronti per essere installati nelle fabbriche, si registra una presa di posizione di retroguardia su Elettricità Futura (EF), l’associazione di tutte le aziende elettriche italiane di Confindustria. Come tutta risposta ad un appello urgente di due associazioni afferenti a Confindustria, Elettricità Futura e ANIE, che insieme rappresentano l’intera filiera nazionale dell’energia elettrica, che chiedevano al governo di emanare una norma che evitasse il blocco della filiera nazionale delle rinnovabili, circolano insistentemente voci di sfiducia nei confronti del presidente di EF, Re Rebaudengo.

Una posizione pericolosa, perché occorre ricordare che le filiere industriali del fotovoltaico e dell’eolico hanno generato nel 2023 un volume di affari di 10 miliardi di euro, dato del Politecnico di Milano, la maggioranza del quale a favore di imprese italiane, con una proiezione del PIL, in condizioni politiche favorevoli e non contrarie, fino al 2% del PIL da qui al 2030. Una posizione miope, perché EF ha messo sul piatto attraverso le sue aziende, nella stragrande maggioranza relative al mondo delle rinnovabili, 320 miliardi di euro da qui al 2030 e 540.000 posti di lavoro.

In altri termini, sul breve e medio periodo lo sviluppo industriale italiano potrà essere supportato quasi esclusivamente dal mondo delle rinnovabili.

Le prime avvisaglie di tale posizionamento si erano avute con la nuova versione del Piano Nazionale Energia e Clima PNIEC di luglio, in cui le proposte di investimenti reali per garantire con le rinnovabili il 75% dell’elettricità al 2030 sono state significativamente ridimensionate. Mentre, di contro, il nuovo presidente di Confindustria risulta in accordo con la linea del Governo sul nucleare, che di fatto rappresenta, per una serie di ragioni, un ostacolo per lo sviluppo delle fonti rinnovabili e un grande aiuto per il settore del gas. Una scelta di scarsa responsabilità, perché non considera un trend della generazione dell’energia ormai consolidato nel mondo. Infatti, gli investimenti oggi vanno in una direzione precisa: la International Energy Agency (IEA) nel suo World Energy Outlook 2023 afferma che le rinnovabili assicureranno globalmente nel 2050 una copertura dell’82% della elettricità, quasi sette volte maggiore di quella attuale, mentre il nucleare rimarrà fermo sempre alla stessa quota globale del 8-9%, concentrate in Cina e negli Stati Uniti, come dice la Nuclear Energy Agency.

Invece di fare ideologia, perché i fautori di questa prospettiva di retroguardia non forniscono una volta per tutte informazioni certe sui tempi di realizzazione al momento imprevedibili, sui costi del chilowattora ancora molto alti, sull’approvvigionamento dell’uranio arricchito necessario, oggi un mercato attualmente dominato dalla Russia, e sul know-how tecnologico, assoggettato alla Cina e agli Usa? Risolvere in questo modo il problema della indipendenza e della sicurezza energetica, oltre che della riduzione del prezzo dell’energia, è un suicidio. Si ricordi che anche l’Autorità dell’energia ARERA ha recentemente affermato che la necessità di ridurre il costo dell’energia in Italia passa per le rinnovabili, cosa che sarà ancora più evidente con il prezzo zonale dell’energia di prossima attuazione.

Confindustria e governo dovrebbero essere più responsabili sull’uso a breve del nucleare, anche in considerazione dei documenti IEA, che ad oggi fanno riferimento nel mondo a poche unità in esercizio, nessuna nel mondo occidentale. Abbiamo già detto che il PNIEC, con una quota nucleare in Italia pari al 10% della domanda complessiva al 2050, che significa circa 70 TWh all’anno da coprire con una ventina di Small Modular Reactor, è in completo contrasto con le proiezioni IEA che stabiliscono al 2050 per l’intera Europa una quota nucleare pari a 100 TWh, Francia inclusa.

Le aziende delle rinnovabili di Elettricità Futura, che in termini numerici sono la grandissima maggioranza, ben sapendo che potrebbero costituire una filiera importante di sviluppo industriale in Italia, come potranno accettare una tale imposizione?

* Professore di Energy Management alla Sapienza-Università di Roma

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento