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Sponsor e petrodollari, così le compagnie fossili si ripuliscono sui giochi

Sponsor e petrodollari, così le compagnie fossili si ripuliscono sui giochiUna partita della Coppa del mondo allo stadio Khalifa International di Doha in Qatar. Sotto, la gara femminile dei 100 metri alle Olimpiadi di Parigi (Ap)

Clima/Energia Dai maggiori inquinatori globali 5,6 miliardi di sponsorizzazioni. 205 accordi attivi. La saudita Aramco la parte del leone

Pubblicato circa 2 ore faEdizione del 3 ottobre 2024

Lavare i panni sporchi nello sport, dicesi sportwashing. Le principali compagnie petrolifere e del gas stanno spendendo 5,6 miliardi di dollari per la sponsorizzazione di sport globali attraverso 205 accordi attivi. Un esborso economico gigante, costante e condizionante. Soldi sporchi (per ripulirsi la coscienza) così li definisce il rapporto Dirty Money – How Fossil Fuel Sponsors are Polluting Sport pubblicato dal think tank indipendente New Weather Institute.

LA DENUNCIA ARRIVA A RIDOSSO del Summit del futuro delle Nazioni Unite, dove il segretario generale Antonio Guterres ha chiesto ai Paesi del G20 – responsabili dell’80% delle emissioni totali di anidride carbonica – una tassa sulle estrazioni di combustibili fossili, sostenendo che «un futuro senza combustibili fossili è certo» ma «una transizione equa e veloce non lo è». Proprio Guterres, lo scorso 5 giugno, in occasione della Giornata mondiale dell’ambiente, aveva esortato i governi a mettere al bando la pubblicità delle aziende del petrolio, del gas e del carbone responsabili della crisi climatica, aggiungendo che «gli esseri umani costituiscono una minaccia per la vita sulla Terra paragonabile al meteorite che ha causato l’estinzione dei dinosauri». L’appello è stato recepito, per ora, solo dall’Aia, nei Paesi Bassi, la prima città al mondo a vietare gli spot delle aziende inquinanti.

TORNANDO ALLO STUDIO, l’indagine rileva che gli sport con il maggior numero di accordi sono il calcio (59 accordi attivi a marzo 2024, pari a 994 milioni di dollari), i motori (40 per 2 miliardi e 186 milioni di dollari), il rugby (17 per 65 milioni), il golf (15 per 209 milioni), l’hockey su ghiaccio (15 per 192 milioni), il football americano (8 per oltre 640 milioni), il ciclismo (3 per 486 milioni). A far la parte del leone in qualità sponsor c’è la saudita Aramco (1,3 miliardi di dollari), considerata l’azienda più inquinante al mondo per emissioni di carbonio nonché la più redditizia. Controllata dal governo dell’Arabia Saudita (il principe Mohammed bin Salman ne designa il presidente), è diventata lo sponsor principale della Fifa e lo sarà fino al 2027; nel 2020 ha stretto una mega partnership con la Formula 1. Seguono la multinazionale britannica Shell (470 milioni di dollari), la francese TotalEnergies (340 milioni di dollari) e il colosso petrolchimico inglese Ineos (777 milioni di dollari).

Gli investimenti in più rapida crescita provengono dai petrostati del Medio Oriente. Bin Salman respinge le accuse con glaciale sarcasmo: «Se lo sportswashing aumenterà il mio Pil dell’1%, allora continueremo a farlo». Una strategia di lungo periodo che porterà nel 2034 i mondiali di calcio a Riad. Anche l’Italia, nel suo piccolo, testimonia la tendenza: Eni è subentrata a Tim, dopo 25 anni, come title sponsor del campionato di Serie A col brand Enilive.

LO SPORT È SMACCATAMENTE uno dei settori di cui le Big Oil si stanno servendo per ripulire la propria reputazione, investendo miliardi in sponsorizzazioni che le consentono di dipingersi come aziende generose e attente all’interesse pubblico. «Le compagnie petrolifere, che stanno ritardando l’azione per il clima e gettando ulteriore benzina sul fuoco del riscaldamento globale, stanno usando il vecchio libro dei giochi di Big Tobacco (il manuale di disinformazione per eccellenza, ndr) e cercano di farsi passare per mecenati dello sport.

Ma l’inquinamento atmosferico da combustibili fossili e le condizioni climatiche estreme di un mondo che si sta riscaldando – spiega Andrew Simms, co-direttore del New Weather Institute – minacciano il futuro stesso degli atleti, dei tifosi e degli eventi che vanno dalle Olimpiadi invernali ai Mondiali di calcio. Se lo sport vuole avere un futuro, deve ripulirsi dal denaro sporco dei grandi inquinatori e smettere di promuovere la propria distruzione». I combustibili fossili sono la causa principale del cambiamento climatico, che costerà all’economia globale – secondo The Gathering Storm (Rapporto Onu del 2021 sul gap di adattamento) – 300 miliardi di dollari entro il 2030.

QUALCHE VOCE DI DISSENSO, però, si muove anche nello sport, pure nel calcio dove Messi e Ronaldo sono diventati ancora più ricchi grazie ai petrodollari. L’ex capitano della nazionale australiana di calcio maschile, Craig Foster, ha dichiarato senza giri di parole: «È sconfortante, anche se non sorprendente, vedere che il mio sport, il calcio, è in testa alla classifica della vergogna per quanto riguarda la sponsorizzazione dei combustibili fossili. Per troppo tempo sono state ignorate le domande scomode riguardanti gli sponsor del petrolio e del gas che stanno minando il nostro futuro sicuro e quello dello sport. Noi, come atleti, tifosi e custodi dello sport, dobbiamo affrontarle».

IN SERIE A, MORTEN THORSBY, centrocampista del Genoa e della nazionale norvegese, non nasconde il suo attivismo ambientalista e ha commentato così lo studio: «È vergognoso che il calcio sia lo sport con il maggior numero di accordi con gli sponsor dei combustibili fossili. È paradossale che queste compagnie petrolifere e del gas spendano miliardi di dollari per sponsorizzare lo sport, mentre uccidono il futuro dello sport e il futuro dei giovani giocatori a causa del cambiamento climatico. Attraverso il calcio dovremmo diffondere il messaggio che il nostro futuro dovrebbe essere libero dal petrolio e dal gas».

IMOGEN GRANT, CAMPIONESSA olimpica di canottaggio, e il discobolo Samuel Mattis invitano a diffidare di facili guadagni a breve termine che possono, invece, sulla lunga distanza avere impatti devastanti sul Pianeta. Il rapporto del New Weather Institute si conclude con l’appello alle autorità sportive a porre fine alla sponsorizzazione di aziende produttrici di combustibili fossili e a richiedere trasparenza sui dati relativi alle emissioni e sulle misure di mitigazione degli sponsor.

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