Le immagini di un anno fa, quando gli ucraini in fuga attendevano chiusi in auto anche due giorni prima di entrare in Polonia non si vedono più. E neanche gli uomini che, accompagnata la famiglia al valico, salutavano con un abbraccio moglie, figli e genitori per poi tornare nei villaggi e città di origine, mentre anziani, donne con nei trolley le poche cose strappate alle case e bambini imbacuccati nei cappotti attraversavano la frontiera polacca. Quelle scene, rimaste negli occhi di molti, il 24 febbraio del 2022 hanno improvvisamente e brutalmente riportato la guerra nel cuore dell’Europa, un dramma che ci illudevamo di aver sepolto nel passato.

IN DODICI MESI di conflitto milioni di profughi hanno lasciato l’Ucraina per trovare rifugio nei Paesi vicini, al punto che ancora oggi sono 8.087.952 (dato Unhcr al 21 febbraio 2023) gli ucraini sparsi in Europa, 4.863.513 dei quali hanno ottenuto la protezione temporanea. La maggior parte, 1.563.386 si è fermato in Poloni, andando ad aggiungersi al 1.400.000 connazionali già presenti dal 2014. Più di un milione in Germania , tanto da rappresentare oggi la seconda nazionalità dopo i turchi e superando afghani, iracheni e siriani arrivati nel Paese tra il 2014 e il 2016. Il resto, facendo solo degli esempi e parlando di quanti hanno fatto richiesta di protezione temporanea, è un rosario infinito di numeri: quasi mezzo milione in Repubblica ceca, più di 100 mila in Romania e Slovacchia, 167 mila in Italia (su un totale di più di 173 mila). A questi vanno poi aggiunti 5,3 milioni di sfollati interni e altri 5 milioni che, secondo Mosca, si troverebbero in Russia.

DI FRONTE a questo fiume di persone, a sorpresa l’Ue ha reagito in maniera compatta. Se Putin sperava che la nuova emergenza avrebbe diviso i 27 come avviene con i migranti che attraversano il mare si è sbagliato. La risposta, almeno finora, è stata unanime e di forte solidarietà verso gli ucraini. Da Bruxelles fin da subito arrivano finanziamenti destinati alla prima accoglienza dei profughi ma anche per sostenere economicamente i Paesi confinanti con l’Ucraina dove si reca la maggior parte delle persone in fuga. Il 3 marzo, a pochi giorni dall’invasione russa, l’Ue approva una delibera del 2001 che consente il riconoscimento di una protezione temporanea a chi fugge dalla guerra. Di fatto si tratta di una equiparazione allo status di rifugiato che prevede il riconoscimento di un permesso di soggiorno della durata di un anno e consente a chi ne è titolare di lavorare, mandare i figli a scuola, avere assistenza sanitaria e di spostarsi senza limitazione tra gli Stati membri. A ottobre del 2022 la protezione è stata estesa fino a marzo del 2024.

L’emergenza non è comunque finita. Anzi. Stando a quanto denunciato da u recente rapporto del Consiglio norvegese per i rifugiati (Nrc) sette rifugiati ucraini su dieci tra quanti si trovano in Polonia, Romania e Moldavia sono a rischio povertà e riescono a malapena a sopravvivere con il sussidi che ricevono. Le difficoltà riguardano in particolare la possibilità di reperire beni primari come cibo, acqua, alloggio e assistenza sanitaria. Ancora più drammatica, infine, la situazione di 17 milioni di ucraini rimasti in patria e che hanno urgente bisogno di assistenza umanitaria e di protezione. «Milioni di bambini, uomini e donne che prima della guerra avevano una vita normale – denuncia l’Agenzia dell’Onu per i rifugiati (Unhcr) – in poche ore sono precipitati nella disperazione e in questo momento stanno affrontando un inverno rigido i case danneggiate o in edifici inadatti proteggerli dal gelo, senza energia elettrica, riscaldamento e forniture idriche e senza mezzi di sussistenza».