«Un nuovo Ya Basta! lanciato dagli indigeni per tutto il paese»
Messico Intervista con Fernando Navarro, docente all'Unam di Città del Messico, sulla candidatura di Marichuy, portavoce del Consiglio nazionale indigeno e dell'Ezln
Messico Intervista con Fernando Navarro, docente all'Unam di Città del Messico, sulla candidatura di Marichuy, portavoce del Consiglio nazionale indigeno e dell'Ezln
Tra meno di 10 mesi il Messico va al voto per le presidenziali. Una tornata elettorale importante e delicata. Chi siederà sulla poltrona come presidente dovrà rispondere alla politica estera di Trump e soprattutto gestire una polveriera chiamata narco-stato.
PRI E PAN, I DUE PARTITI che si sono spartiti il potere negli ultimi 17 anni, sono stati elemento di continuità e di promiscuità tra stato e poteri economici, legali o illegali. Morena, il partito fondato da Andrés Manuel López Obrador, ha la possibilità di essere outsider vincente.
Ma il Movimento di Rigenerazione nazionale è formato da un corposo pezzo di un partito, il Prd, figlio della politica corruttiva messicana e quindi molti e molte hanno dubbi sulla possibilità che sia una vera alternativa.
In campo però c’è un altro elemento che rende rivoluzionario il processo elettorale: María de Jesús Patricio Martínez, detta Marichuy, un’indigena candidata come indipendente dal Congresso nazionale indigeno (Cni) su spinta dell’Ezln. A supporto della portavoce del consiglio indigeno di governo si sono mossi intellettuali e artisti di tutto il Messico, che hanno fondato un’associazione chiamata Llegò la hora del florecimiento de los pueblos (È giunta l’ora della fioritura dei popoli). Soggetto giuridico necessario per raccogliere le firme necessarie a rendere reale la candidatura di Marichuy. Tra le aderenti all’associazione anche Fernanda Navarro, docente universitaria all’UNAM di Città del Messico, che abbiamo intervistato.
Che Paese è oggi il Messico?
Oggi è un paese diverso da quello di 2 o 3 decadi fa, soprattutto per quel che riguarda violenza e insicurezza. La maggioranza della popolazione sa che il tutto deriva dalle complicità tra governo e narcotraffico. Per questo si parla di Narcostato. Anche la geografia non aiuta, essere vicino all’Impero non è facile. Esiste un detto famoso: “Messico tanto lontano da Dio tanto vicino agli Usa”. Ogni giorno siamo sempre più sottomessi. Una caratteristica che continua a esistere fin dalla scoperta dell’America è il razzismo: gli indigeni sono ancora considerati inferiori e trattati in modo diverso, non hanno gli stessi diritti del resto della popolazione. Tutto avviene silenziosamente, i partiti non riconoscono questo diverso trattamento.
Perché accademici e artisti hanno deciso di sostenere la candidatura indigena indipendente del Cni supportata dall’Ezln?
La proposta del Cni è una vera alternativa. È una scossa per la maggioranza dei messicani. È un nuovo “Ya Basta”, come quello dell’Ezln nel 1994, ma per tutto il paese. Per di più eleggendo a portavoce una donna; più che una candidata è colei che dà voce ad un percorso, mostrando di “essere avanti” e di riconoscere le spinte sociali del femminismo. È giusto ricordare che non si pretende di vincere le elezioni del 2018, ma di dare un’opzione diversa rendendo visibile chi è sempre stato ignorato, emarginato, e disprezzato. Non solo godranno dell’opportunità i dimenticati, ma così si genera anche una possibilità di relazione, più umana, tra tutti e tutte. Molti artisti, accademici e intellettuali hanno compreso questa possibilità e per questo abbiamo creato l’associazione. Con la nascita del movimento zapatista abbiamo capito che tanto si ha da apprendere dagli indigeni, dai nostri antenati e dalla loro saggezza. Purtroppo nei programmi di studio non si ha traccia di questi insegnamenti. Certamente esistono critiche alla proposta. Tanti e tante, rappresentanti istituzionali o di grandi imprese, così come persone con studi o alti salari, non riescono nemmeno a nascondere il razzismo verso gli indigeni. Invece, si tratta di una proposta fresca e creativa che ha aperto una finestra di speranza.
Con la morte di Fidel, la proposta dell’Ezln e la crisi venezuelana, finisce il sogno di rivoluzione latinoamericano?
Come tutto ciò che accade nella storia, nulla resta uguale per sempre. Alcuni di noi pensano che si stia vivendo un cambiamento d’epoca, e d’era. Dipende che cosa si considera per “rivoluzione”. Le rivoluzioni, fino ad ora, sono state armate. Si possono anche concepire trasformazioni radicali dando l’addio alle armi, evitando distruzione e morti. Forse in questo cambio d’epoca è possibile creare nuove forme di ribellione che siano meno dolorose e con più attenzione per la vita. Tutto questo è implicito nella proposta, dell’Ezln e del Cni, che attraverserà il paese spiegando che “un altro mondo è possibile” e che il mondo può avere un volto più umano. Lo stesso, pur non essendo io esperta di politica latinoamericana, lo si può applicare a Cuba, Venezuela o in Brasile.
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