«Un mare di pace». Corteo di barche a Napoli per la capitana Rackete
I I Hanno sfilato in corteo nello specchio di golfo tra il Molosiglio e Posillipo, ieri mattina, le 60 barche che hanno aderito alla manifestazione «Napoli, un mare di pace». […]
I I Hanno sfilato in corteo nello specchio di golfo tra il Molosiglio e Posillipo, ieri mattina, le 60 barche che hanno aderito alla manifestazione «Napoli, un mare di pace». […]
I I Hanno sfilato in corteo nello specchio di golfo tra il Molosiglio e Posillipo, ieri mattina, le 60 barche che hanno aderito alla manifestazione «Napoli, un mare di pace». L’iniziativa era stata lanciata a gennaio dal sindaco Luigi de Magistris contro la politica del governo di chiusura dei porti alle Ong.
Ieri la dedica era per la capitana della Sea Watch 3, Carola Rackete: «Nell’Italia devastata da corruzioni e mafie, dove le deviazioni istituzionali sono Sistema, arrestano Carola per il reato di umanità – ha commentato de Magistris, prima di salpare -. Mi vergogno di questo governo. Provo imbarazzo per uno Stato che ha perso il senso dell’equità. Auspico interventi autorevoli, di fronte a quello che sta accadendo ogni azione diventa possibile. Dedico questo corteo a Rackete, a tutte le donne e gli uomini perseguitati per ragioni di giustizia».
Al Molosiglio c’erano i rappresentati dell’Ong catalana Proactiva open arms, Livia Zoli di Action Aid («Nella situazione di Carola non si poteva fare nulla di diverso») e il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury («c’è un travisamento del vocabolario: chi salva è un criminale, chi chiude i porti è un eroe»). E ancora Alessandro Metz, armatore della Mare Jonio, nave della piattaforma Mediterranea saving humans sotto sequestro in Sicilia: «L’esercizio del diritto da parte della comandante della Sea Watch 3 è giusto e corretto. La politica di Salvini ha il consenso dell’opinione pubblica? Spero che non sia l’opinione pubblica a decidere chi possa o non possa essere salvato. Esiste il diritto per questo».
Stefano Bertoldi di Sos Méditeranée racconta: «Abbiamo dovuto smantellare l’Aquarius, che era una nave super efficiente, per bloccare le strumentalizzazioni contro di noi. Siamo alla ricerca di una nuova nave, con una stiva ampia per resistere a lungo in navigazione. Le Ong stanno subendo un attacco pseudo giuridico, per riprendere i salvataggi bisogna avere capacità tecniche, strutturarsi sul piano della comunicazione per respingere le fake news e attrezzarsi per la difesa legale. L’Italia ha regalato alla Libia motovedette che non sono adatte al soccorso, sono mezzi militari e la Guardia costiera di Tripoli si approccia ai gommoni con i cannoncini puntati. Fanno respingimenti, non salvataggi».
Sulle navi sono saliti anche i rappresentanti delle comunità migranti partenopee: «La loro presenza – spiega l’assessora ai Diritti di cittadinanza, Laura Marmorale – dà il senso di continuità tra quello che deve succede a mare e quello che deve succedere a terra. Le comunità sono nel nostro tessuto sociale da più di 30 anni, eppure oggi sembra un’emergenza impossibile da gestire. Prima che i governi stipassero i migranti nelle strutture straordinarie, si distribuivano sul territorio dove c’era la possibilità di integrarsi. Da quando il tema è stato strumentalizzato, abbiano sovraccaricato città. Rivendichiamo diritti di cittadinanza per tutti coloro che abitano le nostre strade».
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