Visioni

«Diarios de Otsoga», un «making of» nel desiderio del cinema

«Diarios de Otsoga», un «making of» nel desiderio del cinemaUna scena da «Diários de otsoga - Le journal de tûoa» di Maureen Fazendeiro e Miguel Gomes

Cannes 74 Il film di Miguel Gomes e Maureen Fazeindero, alla Quinzaine. Girato la scorsa estare, durante il lockdown in Portogallo, nella rivelazione di un set mette in scena il sentimento della comunità

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 14 luglio 2021

Il nuovo film di Miguel Gomes realizzato insieme a Maureen Fazendeiro comincia e finisce con una scena di ballo: nella prima ci sono due ragazzi e una ragazza trascinati dal ritmo di Frankie Valli, a un certo punto una coppia si allontana e si bacia e l’altro sembra un po’ restarci male. Nella seconda il quadro si allarga e rivela una piccola comunità. E questo sentimento comunitario attraversa Diaros de Otsoga nato come un Covid-film anche se da quello che già appare un «genere» Gomes e Fazendeiro si allontanò con decisione. Di più:ne mutano le «regole» prima che vengano scritte.Alle immagini del lockdown di appartamenti, terrazzi,”isolamento” oppongono uno spazio condiviso, con i suoi problemi, una dimensione collettiva che si afferma all’interno di un progetto e, appunto, nell’abitare insieme un luogo. Di cosa parla questo Diario con cui Gomes è di nuovo sulla Croisette, sei anni dopo l’esplosiva proiezione di Le mille e una notte, film amatissimo nel mondo con un successo di quelli che per un regista possono diventare anche un rischio? Era stato  in quell’occasione che davanti a migliaia di persone il regista portoghese aveva «chiesto la mano» – come un cavaliere di altri tempi – a Maureen, sceneggiatrice e cineasta, qui al suo primo lungometraggio dopo i corti Soleil Noir e Motu Maeva, conosciuta tempo prima, quando lei curava un libro di interviste su di lui. Poi avevano collaborato per Le mille e una notte e da quel momento sono complici nel progetto di un cinema d’autore artigianale e pieno di invenzioni.
Quando la pandemia è iniziata stavano lavorando a due nuovi progetti, uno sulle guerre brasiliane del XIX secolo e un altro sull’Asia el sud all’inizio del XX secolo, ma tutto si è fermato. Diarios che appunto ha preso forma in quel momento, è girato in una casa in campagna dove in un «confinamento» tra molti detour si specchiano le angosce e il sentimento di quanto accade «fuori» dal cancello, in un esterno che non vedremo mai.

ITRE GIOVANI si  chiamano Crista, Carloto e Joao, vorrebbero organizzare una festa – ma: «le feste sono noiose, la gente si parla addosso e non ascolta», ripetono a turno i due uomini. Nuotano in piscina, raccolgono la frutta, si abbandonano a piccoli momenti di seduzione, costruiscono una voliera; la luce è dolce, le serate a volte fresche anche se siamo in agosto. Di loro non sappiamo nulla, forse sono in vacanza, forse fuggono amori finiti male, forse si sono lasciati alle spalle qualcuno o qualcosa . Carloto il più inquieto dorme nel camper in giardino perché nella sua stanza le zanzare lo tormentano: è per caso innamorato di Crista e geloso di Joao? Le possibilità sono infinite, commedia, melò estivo, forse un omaggio a Jules e Jim, le storie sono sempre diverse (e pure sempre le stesse).

MA NON È DI QUESTO che si tratta. Nei giorni di un calendario che va all’inverso, invece che una «storia» il film mette in scena il proprio set. Crista, Carloto, Joao sono gli attori protagonisti, e anche se stessi, ci sono Gomes e Fazendeiro e l’intera troupe, piccola e dei collaboratori abituali del regista, tutti chiusi tra le mura e in quel giardino per girare; in Portogallo c’è il lockdown e essere lì insieme, giorno e notte, l’intera durata delle riprese, semplifica e garantisce meglio la sicurezza.
Nel suo «svelarsi» il film diventa dunque la propria lavorazione, si fa «vita al lavoro» dei cineasti nel confronto con la creazione e la sua realtà quotidiana, con l’imprevisto e l’esistenza, le intuizioni e il desiderio. Le piccole ribellioni, quella degli attori a disagio con l’«improvvisazione» a cui i registi spiegano quanto sia invece importante creare sul set. Le discussioni sulle scenografie e sulla colazione, la suggestione di Cesare Pavese.
Miguel pensa a una scena col trattore, che scova in garage, Maureen aspetta un bambino, i medici le dicono che deve rimanere distesa per evitare un parto prematuro. Il set si lavorazione si «adegua» a questa necessità, lei seguirà a distanza in cuffia – confinamento nel confinamento. Carloto è uscito per fare surf, qualcuno ha paura che si possa essere contagiato: Crista non vuole girare più con lui la scena del bacio, tensioni e ansie della realtà che irrompe .

LA PELLICOLA (sì, è girato in pellicola) coglie il languore dell’estate, la dolcezza del luogo, si sofferma sulle variazioni di luce, dissemina nelle immagini tracce che vengono da altre, gli uccelli di Le mille e una notte e certe atmosfere – non solo per il riferimento al mese – di un film di Gomes precedente, Questo caro mese di agosto; cattura movimenti impercettibili di un tempo lento, che sembra avere perduto la sua direzione, in cui ogni dettaglio si incastra con qualcos’altro nelle cronologia al contrario mostrando il prima di ogni immagine e il senso di soffocamento che pervade il presente.
Diario apre così il laboratorio intimo estetico e politico dei cineasti, che nel «falso» making of affermano la propria idea di un cinema che sfugge allo script o alla verosimiglianza e che sceglie invece l’indipendenza della propria materia mettendola in discussione a ogni prova. Con amore.

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