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Un elefante senza strategia: il bluff dell’Anp

Il presidente Usa, Bill Clinton, tra il primo ministro isrealiano Yitzhak Rabin e il leader palestinese Yasser Arafat alla Casa Bianca il 13 settembre 1993Il presidente Usa, Bill Clinton, tra il primo ministro isrealiano Yitzhak Rabin e il leader palestinese Yasser Arafat alla Casa Bianca il 13 settembre 1993 – AP Photo/Ron Edmonds

1993-2023, Oslo trent’anni dopo Un'entità amministrativa mal tollerata che non si è mai tramutata in uno stato indipendente. Tanti ne accettano l’esistenza poco volentieri, molti sognano il ritorno dell’Olp

Pubblicato circa un anno faEdizione del 13 settembre 2023

Con un annuncio a sorpresa fatto ad agosto il presidente Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha licenziato la maggior parte dei governatori locali dell’Autorità nazionale palestinese (Anp). Quindi ha istituito un comitato presidenziale per raccomandare ad Abbas i candidati idonei. Ad oggi però non si conoscono scelte significative dal punto politico e delle qualità personali. In ogni caso è quasi nullo nelle strade della Cisgiordania – a Gaza dal 2007 è al potere il movimento islamico Hamas che ha messo in piedi una sorta di Anp parallela non riconosciuta dai paesi occidentali – l’interesse per chi sarà il governatore di questo o quel distretto. Il palestinese comune, alle prese con disoccupazione e carovita, ritiene che i governatori non saranno scelti nell’interesse della popolazione ma all’interno di un sistema corrotto e, comunque, senza alcun potere vero di fronte all’occupazione militare israeliana.

Per l’ottantottenne Mahmoud Abbas, invece, l’annuncio è importante. A suo avviso lo aiuterà a placare le preoccupazioni di Usa ed Europa riguardo la stabilità dell’Anp la cui popolarità è in costante calo. Oltre a dare l’impressione di un movimento che contrasti l’immagine fossilizzata del governo e della presidente palestinese. È improbabile che un approccio simile abbia un impatto tra la gente. Gran parte dei palestinesi, lo dicono i sondaggi, vuole le dimissioni immediate di Abbas, non ha fiducia nell’Anp e sostiene i gruppi armati – come la Fossa dei Leoni a Nablus e Saraya al Quds a Jenin – che combattono l’occupazione israeliana.

Questi sono soltanto alcuni aspetti del declino dell’Anp, ossia la rappresentazione più concreta degli Accordi di Oslo.
Nata il 4 maggio del 1994, pochi mesi dopo la firma della Dichiarazione di Principi tra Israele e Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp), alla Casa bianca, l’Anp avrebbe dovuto costruire entro il 4 maggio del 1999 le fondamenta della sovranità palestinese e dello Stato indipendente nei Territori occupati di Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme est. Un’entità amministrativa con un tempo limitato a disposizione, che invece è ancora in vita senza aver realizzato i suoi obiettivi fondamentali e che si trascina da una crisi finanziaria all’altra limitandosi a fornire servizi. La sua unica forza sono le agenzie di sicurezza che, tuttavia, pur assorbendo oltre il 30% del budget, non agiscono a tutela della popolazione ma cooperano con i servizi segreti israeliani a protezione dello Stato ebraico.

Di recente il premier israeliano Netanyahu ha ribadito ai membri del suo esecutivo di estrema destra, che vedrebbero con favore l’eliminazione dell’Anp, i benefici dell’esistenza del governo e dei servizi di sicurezza palestinesi. Israele vuole conservare il controllo dei Territori occupati senza dover amministrare e assicurare servizi a milioni di palestinesi. E stando a quanto si è saputo Netanyahu vorrebbe tornare a versare gran parte dei fondi palestinesi che Israele raccoglie in dazi e tasse per conto dell’Anp. Non è un «regalo» ma un punto previsto dal Protocollo di Parigi degli Accordi di Oslo che ha reso l’economia palestinese totalmente dipendente da quella israeliana.

Per i palestinesi l’Anp è un elefante che grava sulle spalle della popolazione. Tanti ne accettano malvolentieri l’esistenza anche se ha fallito l’obiettivo della piena indipendenza – a cui si oppone Israele – perché temono il caos derivante dalla sua caduta. Altri pensano che solo attraverso il suo scioglimento e la rinascita dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, i palestinesi saranno in grado di elaborare una strategia nazionale.

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