Bibileaks, lo scandalo rischia di travolgere il primo ministro
Senza tregua Si sospetta che Netanyahu abbia usato la fuga di notizie per evitare l’intesa con Hamas. Intanto altre decine di morti e feriti a Gaza e nel Libano. Colpito l'ospedale Kamal Adwan di Beit Lahiya
Senza tregua Si sospetta che Netanyahu abbia usato la fuga di notizie per evitare l’intesa con Hamas. Intanto altre decine di morti e feriti a Gaza e nel Libano. Colpito l'ospedale Kamal Adwan di Beit Lahiya
Dodici palestinesi sono stati uccisi dai raid aerei su Beit Lahiya e nel sud di Gaza. Raid notturno di coloni israeliani ad Al Bireh (Ramallah), con un palazzo e 20 auto palestinesi dati alle fiamme. Israele in linea con le leggi approvate dalla Knesset, ha interrotto totalmente ogni forma di cooperazione con l’Unrwa minacciando di compromettere il lavoro dell’agenzia per i profughi palestinesi in un momento in cui, soprattutto a Gaza, c’è bisogno di assistenza umanitaria a ogni livello. Infine, il Libano del sud giorno dopo giorno si trasforma in una distesa di macerie per i bombardamenti aerei israeliani mentre proseguono i lanci di razzi e droni di Hezbollah verso l’Alta Galilea. Sono alcune delle notizie delle ultime 24 ore, ma ieri l’attenzione è rimasta concentrata sul Bibileaks, la fuga di documenti top secret su Hamas dell’unità di intelligence militare 8200 pubblicati nelle settimane passate dai giornali Bild e Jewish Chronichle che ha portato all’arresto di Eli Feldstein, un portavoce nell’ufficio del primo ministro, e di almeno altre quattro persone, l’ultima ieri.
In Israele infuriano le polemiche perché la pubblicazione di documenti sulle presunte strategie di Hamas sull’uso mediatico della questione degli ostaggi israeliani a Gaza, avrebbe fatto gli interessi di Netanyahu a scapito del successo delle trattative con il movimento islamico per la liberazione dei sequestrati. Il premier che non è indagato, secondo la tesi prevalente avrebbe sfruttato la fuga di notizie mentre aumentavano contro di lui le proteste per la mancata intesa con Hamas. Sulla base dei documenti, il Jewish Chronicle riferì che il leader di Hamas Yahya Sinwar – ucciso il mese scorso a Rafah – stava pianificando di fuggire da Gaza con gli ostaggi attraverso il Corridoio Filadelfia. Quella sera, i media israeliani aprirono su quelle rivelazioni che convalidavano le affermazioni di Netanyahu secondo cui c’era preoccupazione che Hamas potesse portare gli ostaggi in Egitto, motivo per cui Israele insisteva nel mantenere i suoi soldati sul Corridoio Filadelfia. Già in quei giorni circolarono tesi e indiscrezioni sulle rivelazioni fatte da Bild e JC, giornali vicini all’establishment israeliano. Elon Perry, autore dell’articolo sul Jewish Chronicle, sei giorni dopo la pubblicazione negò di essere un messaggero di Netanyahu. In ogni caso, la fuga di notizie fece saltare le trattative per il cessate il fuoco e lo scambio dei prigionieri. Per questo le famiglie degli ostaggi parlano di «una ferita mortale per la fiducia che i cittadini dovrebbero avere nel governo».
A pochi di chilometri da Gerusalemme, mentre i giornali internazionali scrivono e parlano del Bibileaks, Ihab al-Zabin, abitante dell’edificio dato alle fiamme dai coloni israeliani – giunti, pare, dall’insediamento di Bet El – ha raccontato di aver visto ieri intorno alle 3 di notte dieci persone versare liquidi e appiccare il fuoco alle automobili e al suo palazzo. «Ho urlato e chiesto aiuto, quando sono sceso con i miei vicini per spegnere l’incendio, i coloni sparavano». Sui muri sono state lasciate scritte che inneggiavano alla guerra contro i palestinesi in Cisgiordania. Un raid così profondo nel cuore del distretto di Ramallah, considerata la capitale dell’Autorità nazionale palestinese di Abu Mazen, non si era mai registrato. Tanti palestinesi puntano l’indice proprio contro l’Anp, che terrebbe le sue forze di sicurezza chiuse nelle caserme mentre i coloni israeliani fanno il bello e cattivo tempo in città e villaggi palestinesi. Abu Mazen in questo periodo è interessato più di ogni altra cosa a come recuperare il controllo di Gaza e a sostituirsi ad Hamas nel cosiddetto «day after», ossia in futuro quando Israele cesserà la sua offensiva militare. Fonti palestinesi hanno riferito al manifesto che l’Anp assieme a Usa, Egitto e altri paesi arabi starebbe lavorando per istituire un consiglio governativo a Gaza incaricato di gestire gli aiuti umanitari alla popolazione e il valico di Rafah.
In attesa del «day after», il presente di Gaza è fatto di bombardamenti incessanti da parte delle forze israeliane, soprattutto nel nord. «C’è il blocco per i rifornimenti di medicine, acqua e cibo. Le squadre mediche e della Protezione civile e gli ospedali nella regione settentrionale non riescono da operare da 13 giorni», ha denunciato il portavoce della Protezione civile di Gaza, Mahmud Bassal, aggiungendo circa 1.300 persone sono state uccise dall’incursione israeliana nel nord cominciata un mese fa. Si consuma in queste ore il dramma dell’ospedale Kamal Adwan di Beit Lahiya circondato da forze israeliane e colpito, riferisce lo staff medico, più volte da droni e cannonate. Il ministero della sanità riferisce di feriti tra i medici e che l’ospedale non riesce ad assistere in alcun modo feriti e ammalati.
Il Libano segue il destino di Gaza. Beirut riferisce che più di 3.000 persone sono state uccise dai raid israeliani, di cui una ventina ieri. 13.492 persone sono rimaste ferite. In Israele, 72 persone sono state uccise negli attacchi di Hezbollah, tra cui 30 soldati. Israele ieri ha bombardato la periferia di Damasco, colpendo l’area di Sayda Zeinab dove sono riunite forze iraniane e Hezbollah.
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