Un chip nella macchina, i servizi lo aspettavano al varco
Crisi catalana Partito dalla Finlandia in traghetto, l’ex presidente della Generalitat è stato geolocalizzato
Crisi catalana Partito dalla Finlandia in traghetto, l’ex presidente della Generalitat è stato geolocalizzato
Il pesce grosso è finalmente finito nella rete. L’ex presidente catalano Carles Puigdemont resta in carcere in Germania, dove è detenuto da domenica in attesa delle decisioni della magistratura tedesca. Puigdemont venerdì si trovava a Helsinki per una conferenza. Da lì era previsto ripartisse sabato pomeriggio, in aereo, alla volta del Belgio, dove l’ex presidente catalano si è rifugiato da quando è fuggito a fine ottobre. Ma sabato all’aeroporto non si è presentato nessuno: il timore era che la riattivazione, il giorno prima, del mandato di cattura europeo da parte del giudice Pablo Llarena potesse causargli problemi.
Fino a domenica mattina quindi non si sapeva che fine avesse fatto, anche se il sospetto era che volesse raggiungere Waterloo, dove ha affittato una casa, via terra. Ed è stato proprio così: Puigdemont ha lasciato la Finlandia in traghetto per raggiungere la Svezia, e da lì ha affrontato più di 1.200 km che lo separavano dal Belgio. Ma l’ingenuità del personaggio l’ha perseguitato anche nelle sue rocambolesche peripezie: oltre a esporsi al rischio di viaggiare per l’Europa, non solo non ha calcolato che i servizi segreti spagnoli controllassero i suoi movimenti, ma prima di partire aveva persino chiesto a qualcuno (per ora senza nome) di prendere la sua macchina (geolocalizzata dai servizi con un chip) in garage a Waterloo per venirlo a prendere in Svezia. E così, a sua insaputa, a soli 30 chilometri dalla frontiera danese, in Germania l’aspettavano per arrestarlo. Già, perché i movimenti di Puigdemont sono stati così previsibili, che i servizi hanno avuto il lusso di scegliere in che paese arrestarlo, ben decisi a non fargli raggiungere il Belgio, dove l’estradizione, nonostante il mandato d’arresto europeo, sarebbe stata più difficile, perché il reato di ribellione, di cui Puigdemont e gli altri esponenti politici indipendentisti di primo piano sono accusati, non esiste nell’ordinamento belga.
Il governo spagnolo avrà valutato che la collaborazione con le autorità tedesche è ideale per garantire la rapida consegna del simbolico prigioniero. Curiosamente la Germania pare fosse anche uno dei paesi dove il team di legali dell’ex president gli aveva consigliato di rifugiarsi, oltre al Belgio: i giudici tedeschi godono della fama di essere preparati e indipendenti, e alcuni sperano che non si bevano le zoppicanti prove della «violenza» necessarie per giustificare il grave reato di ribellione e sedizione (o l’equivalente del codice penale tedesco) che il giudice spagnolo Llarena gli attribuisce.
Questo arresto fa saltare per aria il piano di costituire un «governo in esilio» simbolico, anche perché grazie al mandato di cattura europeo riattivato dal giudice Llarena, ora anche gli altri «esuli» (o «latitanti», secondo i punti di vista) in altri tre paesi verranno presto messi a disposizione delle autorità giudiziarie.
Intanto a Barcellona, dopo un weekend di abituali manifestazioni massicce per protestare contro gli arresti (e alcuni scontri con un centinaio di feriti e una decina di arresti domenica sera), la politica ricomincia a muoversi. Da un lato, il presidente del Parlament Roger Torrent – unica autorità catalana riconosciuta al momento, dato che resta in vigore l’articolo 155 – ha fatto appello alle larghe intese per contrastare l’ondata repressiva. Oltre agli indipendentisti, gli ha fatto sponda Catalunya en comú, e la stessa sindaca Ada Colau, che in un tweet ha detto che Torrent può contare su Barcellona «per trovare questo spazio di dialogo sociale e politico». Ma ieri anche il segretario dei socialisti catalani, che aveva già lanciato timidissimi segnali per rompere il fronte con Pp e Ciudadanos durante la fallita sessione di investitura di giovedì, ha chiesto esplicitamente per la prima volta un governo «di concentrazione con tutti i partiti», anche se da Madrid il Psoe lo ha avvertito che non si sogni neppure di appoggiare un candidato indipendentista. Mentre Ciudadanos, principale partito dell’opposizione, ha chiesto le dimissioni di Torrent accusato di mancanza di neutralità, mentre i Comuni hanno fatto sapere di essere disposti a negoziare un candidato non di Junts per Catalunya (il partito di Puigdemont).
Torrent ha deciso ieri di convocare una nuova sessione plenaria del Parlament per mercoledì alle 10. Nell’ordine del giorno cinque risoluzioni di diversi partiti: dalla liberazione dei prigionieri politici alla «convivenza e neutralità istituzionale» (di Ciudadanos). In più il rapporto del difensore del popolo sui fatti violenti dell’1 ottobre. Insomma, il dibattito si presenta accesso. Ma per ora non si intravede ancora chi sarà il successore di Puigdemont alla guida della Catalogna, a quasi sei mesi di sospensione del governo autonomico.
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