Le due partite arabe di Berlino. C’è la sfida sportiva della Mannschaft, cui ieri non è bastato battere 4-2 il Costa Rica per evitare l’incredibile eliminazione dal Mondiale (grazie alla vittoria del Giappone sulla Spagna per 2-1) nel primo incontro della Coppa arbitrato da una donna, la francese Stephanie Frappart. E c’è il matching economico fra Germania e Qatar dove agli emiri per vincere basta partecipare.

IL BRACCIALE «ONE LOVE» agganciato alla fascetta dei soldi. Con il vicecancelliere Robert Habeck massima espressione del doppio gioco in campo: pronto ad accusare la monarchia del Golfo di corruzione per l’assegnazione della competizione come a festeggiare l’accordo sul gas firmato martedì con Qatar-Energy che garantirà alla Repubblica federale 2,8 milioni di metri cubi annui a partire dal 2026.

Ma il gioco di rimpallo dei tedeschi con gli emiri di Doha non comincia oggi, e tantomeno si limita alla partita energetica. Da un decennio il Qatar è il partner finanziario più nevralgico per la Bundesrepublik, nonostante davanti alle quinte il governo Scholz si prodighi in statement che innescano la piccata replica del ministro dell’Energia qatarino, Saad Sharida al-Kaabi: «Habeck porti rispetto». In teoria sarebbe crisi diplomatica. In pratica a Berlino come a Doha nessuno ha la minima intenzione di allentare i legami bilaterali divenuti indissolubili.

Il Qatar possiede il 17% del Gruppo Volkswagen, il 12,3% del colosso della navigazione Hapag Lloyd e il 6,1% di Deutsche Bank. Si aggiunge al 3% di Siemens acquisito dieci anni fa, che sulla carta sembra una partecipazione da niente se non fosse che la famiglia Siemens (primo azionista della società) detiene appena il doppio delle quote.

IN ALTRE PAROLE l’emirato del Golfo tiene finanziariamente a galla i campioni del made in Germany, come dimostra anche il recente, indispensabile, sostegno del fondo sovrano di Doha all’acquisizione dell’azienda americana Edison Clean Energy Businesses da parte del gigante Rwe, società tedesca leader nel campo dell’energia.

Spiccano nell’influente Consiglio di sorveglianza di Volkswagen (con diritto di voto) Hussain Ali al-Abdulla, ex ministro di Stato del Qatar e membro del Consiglio esecutivo della Qatar Investment Authority, e Hessa al-Jaber, ex ministra per le Tecnologie dell’informazione, membri a pieno titolo del Cda del costruttore di Wolfsburg dopo che la holding araba è entrata in possesso del 4,9% della controllata Porsche. Dopo la casa-madre Volkswagen che detiene oltre il 78% del capitale gli emiri risultano come il secondo investitore dello storico marchio di Stoccarda. Sebbene Vw sia in buona sostanza un’impresa parastatale (il 20% delle azioni è in mano al Land della Bassa Sassonia) nessuna protesta segnala l’inquietante presenza al vertice dell’industria-simbolo della Germania di due manager emissari diretti del regime dello Stato che occupa il 114 esimo posto nella classifica globale delle democrazie. Dovrebbe state a cuore, prima fra tutti, alla ministra dell’Interno, Nancy Faeser (Spd), immortalata sugli spalti Mondiali a fianco al presidente Fifa, Gianni Infantino, con la fascia pro-diritti.

DOPO AVER GIRATO 2,4 miliardi di euro alla Rwe, il Qatar è diventato il più grande investitore del colosso energetico tedesco. Al contrario dell’allarme sulla Cina (entrata nel Porto di Amburgo) l’accordo con gli emiri non innesca però alcun veto. «Consente al Qatar di coprirsi in parte del calo dei profitti derivanti dai combustibili fossili – spiega Dawud Ansari, esperto di questioni globali all’Istituto tedesco per gli affari internazionali e sicurezza – In pratica o gli emiri guadagnano attraverso le esportazioni di gas oppure con i dividendi delle energie rinnovabili di Rwe».

DEL RESTO, LE REGOLE del gioco sono state spiegate bene dallo sceicco Khalifa bin Jassim bin Mohammed al-Thani, presidente della Camera di Commercio del Qatar nonché membro della famiglia reale. Oltre trecento aziende tedesche hanno sede stabile nell’emirato, senza contare i contratti bilaterali nuovi e soprattutto vecchi. Nel 2012 Siemens è stata la società candidata a costruire il nuovo sistema tranviario di Doha proprio in preparazione ai Mondiali. Esattamente due anni dopo all’azienda di Monaco gli emiri hanno assegnato un contratto da centinaia di milioni di euro per la costruzione di sei stazioni di trasformazione. Poi sono arrivate le commesse per l’aeroporto.
«One love» ma per i petrodollari, anche se la Germania rivendica la relazione privilegiata che sulla carta è sbilanciata a favore di Berlino. Nel 2021 le aziende tedesche hanno esportato in Qatar beni per 1,33 miliardi di euro, più del triplo di quanto le aziende qatarine abbiano venduto in Germania. «In più gli emiri hanno promesso ingenti investimenti per i prossimi anni» tagliano corto al governo.