La Polonia sceglie ancora una volta la politica del filo spinato con i suoi vicini ad Est. Duecento chilometri di spirali di concertina, come quella installata al confine con la Bielorussia ma questa volta a protezione della frontiera con Kaliningrad, enclave russa circondata proprio da Polonia e Lituania. Ad annunciare l’inizio dei lavori, affidati agli zappatori del genio militare polacco, il ministro della Difesa polacco Mariusz Błaszczak: «Non vogliamo fissare una data di completamento. La costruzione procederà rapidamente. La frontiera deve essere protetta in modo che la Polonia sia sicura».

Il governo della destra populista di Diritto e giustizia (Pis) paventa l’apertura di un altro fronte migratorio lungo il confine orientale dell’Ue: «In seguito all’apertura di collegamenti aerei tra l’aeroporto di Kaliningrad con il Medio Oriente e l’Africa, ho deciso di prendere delle misure per aumentare la sicurezza frontaliera», ha spiegato Błaszczak. È passato un anno dal culmine della crisi umanitaria ai valichi tra Polonia e Bielorussia, caratterizzata dal respingimento di massa dei migranti che provano ad entrare nel territorio dell’Ue, una pratica contraria alla Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati. Certo il rischio che Putin, come ha già fatto Lukashenko, possa promuovere una nuova ondata di “voli di migranti” per scatenare una crisi umanitaria al confine con la Polonia non può essere escluso. Eppure siamo di fronte al primo caso nell’Ue di un muro costruito preventivamente per far fronte ad una minaccia potenziale. «È uno scandalo. Già la barriera costruita al confine polacco-bielorusso non ha nessuna ragione di esistere.

Se l’obiettivo era quello di fermare i migranti allora non ha funzionato. Dovremmo riflettere sul da farsi quando queste persone vengono da noi, in che modo possiamo aiutarle, accoglierle e garantire loro protezione internazionale», ha dichiarato invece Janina Ochojska, eurodeputata e fondatrice dell’ong Azione Umanitaria Polacca (Pah).

Intanto il network di ong polacche attive lungo la frontiera continua a parlare di decine di tentativi di attraversamento in direzione Polonia ogni giorno. L’ultima vittima trovata nel limbo infernale tra Bielorussia e Polonia è un cittadino sudanese di 21 anni il cui corpo è stato ripescato dieci giorni in un affluente del fiume Nemunas. E adesso con l’arrivo del freddo autunnale aumenta anche il rischio di assideramento e ipotermia per i migranti.