Internazionale

«Un altro modo per uccidere»: l’Onu contro il bando di Unrwa

Una scuola Unrwa nel villaggio di Khuzaa a Khan Younis danneggiata da un raid israeliano Afp/Said KhatibUna scuola Unrwa nel villaggio di Khuzaa a Khan Younis danneggiata da un raid israeliano – Afp/Said Khatib

Fuori dal mondo Gli Stati condannano la legge israeliana che caccia l'agenzia per i rifugiati palestinesi. Ma per ora solo a parole. Oltre agli effetti politici, preoccupano quelli pratici: a rischio la rete umanitaria nei Territori palestinesi

Pubblicato un giorno faEdizione del 30 ottobre 2024

Lunedì, mentre la Knesset votava la messa al bando di Unrwa, nel nord di Gaza l’esercito israeliano dava alle fiamme la scuola Al Fakhoura gestita dall’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi nel campo profughi di Jabaliya, in quel pezzo di Striscia – il nord – dove da quasi un mese la popolazione è strangolata da un assedio fatto di fame, bombardamenti a tappeto e arresti indiscriminati.

L’ATTACCO a Unrwa è molteplice, a tenaglia: è politico ed è militare, una simbiosi di cui il portavoce di Unicef, James Elder, traccia con asprezza l’obiettivo. «Una decisione come questa significa che è stato individuato un nuovo modo per uccidere bambini», ha detto commentando il voto bipartisan del parlamento israeliano (92 voti su 120) ed evocando tra le righe l’accusa risuonata lo scorso gennaio all’Aja: a Gaza è in corso un genocidio plausibile. «Se Unrwa non potrà operare – prosegue – probabilmente il sistema umanitario di Gaza collasserà».

Al di là delle implicazioni politiche della decisione israeliana – di governo e di opposizione – in termini di fuoriuscita fattuale dal sistema delle Nazioni unite e di delegittimazione del diritto internazionale e delle sue risoluzioni, gli effetti pratici sui Territori palestinesi occupati dello smantellamento dell’agenzia per i rifugiati palestinesi saranno devastanti.

Al manifesto li spiega Elisa Cardillo del dipartimento di comunicazione dell’agenzia: «Unrwa ha il mandato di fornire servizi essenziali ai rifugiati palestinesi, tra cui istruzione e cure mediche. Se a Unrwa fosse impedito di operare a Gaza e in Cisgiordania, moltissimi bambini sarebbero privati dell’accesso all’istruzione e centinaia di migliaia di persone non avrebbero accesso a servizi sanitari primari».

SONO LE STESSE conseguenze che Philippe Lazzarini, commissario generale di Unrwa, ha elencato nella lettera indirizzata al presidente dell’Assemblea generale dell’Onu: «Nell’assenza di un’alternativa fattibile, queste misure aggraveranno le sofferenze dei palestinesi…La situazione a Gaza va oltre il vocabolario diplomatico dell’Assemblea…Smantellare Unrwa avrà un impatto catastrofico sulla risposta internazionale alla crisi umanitaria di Gaza. E saboterà ogni possibilità di recupero. Nessuna entità può offrire educazione a 660mila ragazzini e ragazzine. Un’intera generazione di bambini sarà sacrificata, con rischi sul lungo termine di marginalizzazione ed estremismo».

Lazzarini ha ricordato le perdite, senza precedenti (237 dipendenti di Unrwa uccisi, decine arrestati e torturati, oltre 200 strutture distrutte) e il lavoro, anche questo senza precedenti, «13 mesi senza pause, tra tragedie personali e sfollamento», con «gli insegnanti che gestiscono i rifugi per decine di migliaia di persone e paramedici che conducono operazioni chirurgiche». E poi c’è la Cisgiordania: la messa al bando colpirà anche là, tramite divieti di ingresso nel territorio occupato a staff e aiuti.

Molti esperti ieri leggevano il voto della Knesset come l’ultimo atto di aggressione alle Nazioni unite ma anche – spiegava Lex Takkenberg, ex consigliere di Unrwa – come una trappola tecnica: «Secondo il diritto internazionale, se Israele impedisce all’Unrwa di gestire scuole, cliniche e altri servizi, Israele ha l’obbligo di fornire quei servizi». In teoria. Nella pratica non accade (dovrebbe accadere dal 1967).

Lo ha detto ieri Danny Danon, ambasciatore israeliano all’Onu, durante la riunione del Consiglio di Sicurezza (l’Unrwa «è un fronte terrorista camuffato da agenzia umanitaria») tornando ad accusare i suoi membri di aver ucciso e rapito cittadini israeliani il 7 ottobre 2023, senza – di nuovo – fornire alcuna prova. Per ora piovono reazioni internazionali, ma nessuna misura concreta: condanne dal nord al sud del mondo, passando per gli Stati uniti che si dicono «profondamente turbati».

L’AUTORITÀ NAZIONALE palestinese ha chiesto la sospensione di Israele dalle Nazioni unite (può farlo solo il Consiglio di Sicurezza, veto Usa assicurato come accadde nel 1974 quando Washington salvò il Sudafrica dell’apartheid) per violazione della stessa Carta fondativa, come spiega Eirik Bjorge, docente di legge a Bristol: «Gli asset e le proprietà dell’Onu sono immuni da perquisizioni, confische e qualsiasi forma di interferenza. (Secondo la Carta) nessuno stato membro può ostacolare in alcun modo il lavoro dell’Onu…Di fronte a un tale oltraggio, l’Onu deve agire subito. Dovrebbe chiedere alla Corte internazionale di Giustizia un parere consultivo urgente, che sarà vincolante per Israele e per le stesse Nazioni unite».

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