Ue-Mercosur, dopo 20 anni di negoziati arriva l’accordo
Un cammino pieno di ostacoli Strada in discesa con i governi Bolsonaro e Macri, che consolidano ulteriormente il ruolo dei paesi sudamericani come meri esportatori di materie prime senza valore aggiunto
Un cammino pieno di ostacoli Strada in discesa con i governi Bolsonaro e Macri, che consolidano ulteriormente il ruolo dei paesi sudamericani come meri esportatori di materie prime senza valore aggiunto
È con grande soddisfazione che la Commissione Ue e i governi del Brasile e dell’Argentina hanno celebrato l’accordo tra l’Unione europea e il Mercosur, concluso il 28 giugno in maniera sorprendentemente rapida rispetto al percorso lungo e accidentato delle trattative. Ben 39, infatti, i round negoziali che hanno preceduto l’accordo, nell’arco di un periodo di 20 anni, attraverso fasi di accelerazione, improvvise frenate e una lunga sospensione tra il 2004 e il 2010.
Un cammino pieno di ostacoli, a causa soprattutto della resistenza da parte dei governi del Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay) a firmare un accordo che potesse risultare sbilanciato, asimmetrico e lesivo della sovranità nazionale. Ma erano altri tempi, quelli dei Kirchner in Argentina e dei governi del Pt in Brasile, quando la difesa degli interessi nazionali era ancora una bandiera e l’attenzione era rivolta piuttosto a un’integrazione regionale autonoma.
È con la ripresa di un’agenda ultraliberista da parte dei governi di Jair Bolsonaro e di Mauricio Macri che l’accordo è stato infine raggiunto, consolidando ulteriormente il ruolo dei quattro paesi sudamericani come meri esportatori di materie prime senza valore aggiunto, nel quadro di un capitalismo dipendente subordinato agli interessi del grande capitale, delle banche e delle transnazionali.
Ciononostante, Bolsonaro ha parlato di accordo «storico, uno dei più importanti mai raggiunti dal paese», mentre il ministro degli Esteri argentino Jorge Faurie ha descritto l’intesa come «un passo strategico nella posizione dell’Argentina nel mondo». E accenti analoghi sono stati usati non solo dai governi del Paraguay e dell’Uruguay, ma persino da Evo Morales (essendo la Bolivia sul punto di incorporarsi all’organismo).
Le voci critiche, tuttavia, non mancano di certo, a cominciare da quella delle centrali sindacali dei quattro paesi, secondo le quali l’accordo – che attende ora il via libera da parte dell’Europarlamento e degli stati nazionali – avrà un impatto devastante su tutto il sistema produttivo della regione, rappresentando, in particolare, «una sentenza di morte per il settore industriale. E se per l’opposizione argentina il Mercosur «ha fatto importanti concessioni in cambio di quasi niente», per l’ex ministro degli Esteri brasiliano Celso Amorim, l’accordo è stato raggiunto «nel peggior momento possibile» per le due potenze regionali, «indebolite politicamente ed economicamente» e dunque in netto svantaggio in termini di «forza negoziale».
Completamente ignorata è stata poi la richiesta di 340 organizzazioni della società civile dell’Unione europea e del Mercosur che, allarmate dall’aumento delle violazioni dei diritti sociali e dalle devastanti politiche in materia ambientale e indigena applicate in Brasile, avevano esortato la Ue a «inviare un segnale inequivocabile» al governo Bolsonaro, sospendendo «immediatamente» i negoziati in attesa di un deciso cambio di passo rispetto ai diritti umani, alla lotta contro la deforestazione e alla concreta applicazione dell’Accordo di Parigi».
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