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Ue, le regioni: «Inaccettabile centralizzare i fondi». E la riforma spetta a Fitto

Ue, le regioni: «Inaccettabile centralizzare i fondi». E la riforma spetta a FittoUrsula von der Leyen

Ue Il piano della Commissione fa infuriare gli enti locali, riuniti in assemblea a Bruxelles

Pubblicato circa 2 ore faEdizione del 9 ottobre 2024

È un attacco durissimo e piuttosto inusuale contro la Commissione Ue quello del presidente del Comitato delle regioni europee, Vasco Alves Cordeiro. Il socialista portoghese definisce «inaccettabile» l’idea di «cancellare il ruolo e la partecipazione delle regioni e delle città al futuro della politica di coesione», che sarebbe l’esito di una riforma a opera della Commissione von der Leyen II. I fondi di coesione, pensati per attenuare le diseguaglianze tra realtà locali in difficoltà e aree più sviluppate, sono gestiti dalle autorità regionali e rappresentano circa un terzo dell’intero bilancio europeo. Ma nel piano della nuova Commissione, di cui nei giorni scorsi è circolato un documento, l’idea è quella di dare in mano le risorse direttamente ai governi centrali e legarlo alla riforma dell’attuale sistema di finanziamenti. Il compito di gestire questa rivoluzione, così come la forte resistenza da parte degli enti locali, spetterà a Raffaele Fitto, commissario europeo con delega a Coesione e Riforme, sotto la cui responsabilità ricade anche il «ministero» competente, nel gergo bruxellese Dg Regio.

La dichiarazione di Cordeiro arriva in un momento in cui il mondo delle regioni e della autorità locali, rappresentato in Europa da numerose organizzazioni, è sul piede di guerra. Lo dimostra anche il report sul futuro della politica di Coesione presentato durante la «Settimana europea delle regioni e delle città», in corso a Bruxelles, che è un po’ lo stato maggiore dei leader locali europei. Dalle raccomandazioni per l’avvio del nuovo corso istituzionale, si evidenzia la necessità di una riforma che mantenga un «modello di governance multilivello» e «a gestione condivisa» delle risorse, «per garantire che le politiche rimangano radicate nelle loro realtà territoriali e continuino a produrre cambiamenti concreti e positivi». Esattamente al contrario, si legge ancora, del modello Recovery, basato sulla direttrice Bruxelles-governi nazionali.

Le ragioni della preoccupazione appaiono evidenti se solo si analizza lo schema di riforma presentato dalla Commissione Ue, che indica chiaramente la prospettiva di una radicale semplificazione. Dei 530 programmi in cui vengono canalizzati i fondi europei dell’attuale ciclo di finanziamento (2021-2027), o Quadro finanziario pluriennale (Mff), ben 400 rientrano nella coesione. L’insieme dei fondi si dovrebbe tradurre in futuro in soli 27 piani, ovvero uno per ogni singolo paese Ue, polverizzando così il principio – fondamentale per la coesione – della gestione diffusa a livello locale. Inoltre, con la riforma, a cambiare non è solo l’interlocutore, ma anche la modalità di erogazione del denaro da parte di Bruxelles. Il documento specifica infatti la necessità di un approccio «basato sulla performance», ovvero sui risultati. Una modalità molto diversa dall’attuale, in cui la Commissione paga sulla base di un progetto e ne finanzia la realizzazione.

Ma quello che rischia di cambiare, stando alle preoccupazioni espresse delle organizzazioni regionali, è soprattutto l’impatto che le politiche di coesione avranno, una volta che saranno gestite con le nuove modalità. In quanto basati sul risultato, i programmi della nuova coesione verranno plausibilmente indirizzati verso realtà urbane o comunque non verso aree depresse. Questo avverrà sia perché nelle zone sviluppate, i piani potranno risultare più visibili, ma anche perché i grandi comuni potranno mettere in campo personale già formato e comunque più efficiente rispetto a quello di quello di realtà rurali, remote o meno sviluppate.

A breve, l’intero dossier della riforma della politica coesione passerà nelle mani di Raffaele Fitto. Se promosso alle audizioni di conferma da parte dell’Eurocamera, il commissario designato dal governo Meloni metterà in campo la competenza maturata con la gestione del Pnrr. D’altra parte le idee di Fitto riguardo ai fondi europei non sono né un segreto né una novità. Basterebbe ricordare la differenza di vedute con l’attuale commissaria alla Coesione, la socialista portoghese Elisa Ferreira quando, già  nel marzo 2023, in occasione di un incontro a Roma, Fitto aveva proposto il modello Pnrr per i finanziamenti agli enti locali, mentre Ferreira gli ricordava la necessità di mantenere ferma la «dimensione territoriale» della coesione.

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