Alla fine il presidente tunisino Kais Saied è tornato sui suoi passi e ha incontrato il commissario europeo per l’economia Paolo Gentiloni, contrariamente a quanto annunciato in un primo tempo. Lo sgarro, che non avrebbe potuto permettersi in questo momento, era motivato dall’orgoglio di un presidente che incontra solo i suoi pari. Atteggiamento all’insegna dell’autoritarismo che guida il suo operato di presidente della repubblica che ha assunto tutti i poteri e accusa tutti coloro che sembrano credere agli allarmi occidentali sulla situazione fallimentare dell’economia tunisina di essere traditori.
Contro il «complotto» sono scatenati anche i social sostenitori del presidente.

Kais Saied, detentore della verità assoluta, accusa i corrotti e gli speculatori di essere i responsabili di tutti i mali della Tunisia. Compreso quello dell’immigrazione di profughi provenienti dai paesi della regione subsahariana che utilizzano la Tunisia come passaggio verso l’Europa.

«Non vogliamo alimentare la polemica continua e non costruttiva sui molti temi che riguardano la Tunisia, tra cui quello dell’immigrazione clandestina e della situazione economica. Coloro che amano la Tunisia devono evitare le dichiarazioni negative che possono avere gravi ripercussioni sulla situazione turistica ed economica del paese», ha dichiarato a radio Mosaique Mohamed Trabelsi, capo della diplomazia e dell’informazione del ministero degli esteri.

L’irritazione contro le prese di posizioni europee espresse dal ministero degli esteri viene esorcizzata dal presidente che in tempo di Ramadan preferisce affrontare il problema dell’inflazione, tradizionale in questo periodo, che riguarda soprattutto i prezzi dei prodotti alimentari, discutendone con gli imam della moschea di al-Zeituna nella medina.

L’allarme europeo sulla situazione economica in Tunisia, che purtroppo si trascina da qualche mese provocando anche la scarsità di beni di prima necessità per la difficoltà nelle importazioni, coincide con l’ondata di emigrazioni in partenza dai porti della Tunisia, dove nei giorni scorsi è avvenuta una delle tragedie cui purtroppo gli ultimi tempi ci hanno abituati. La crisi della Tunisia si è indubbiamente aggravata dopo la sospensione del prestito del Fondo monetario internazionale di 1,9 miliardi di dollari, sulla cui concessione si concentrano ora le pressioni dei paesi europei, in particolare l’Italia e la Francia.

Ulteriori prestiti si fanno dipendere da quello più consistente del Fmi che è però condizionato da riforme – soprattutto il risanamento delle imprese pubbliche -da parte del governo tunisino.

La crisi della Tunisia non è solo economica ma anche decisamente politica dopo il «golpe» di Saied. Sebbene il parlamento europeo abbia approvato una risoluzione che condanna la violazione dei diritti umani da parte del regime tunisino con molti dissidenti in carcere, i governi europei, soprattutto quello italiano, tentano di ripetere con la Tunisia l’operazione anti-immigranti già fallita con la Libia e con la Turchia. Aiuti economici, fornitura di motovedette e sistemi di controllo, oltre al rimpatrio nei paesi di origine – già accettato da alcuni paesi – favoriscono la linea xenofoba di Saied, ma viene criticata da chi teme che si voglia fare della Tunisia il nuovo gendarme dell’Africa nel mar Mediterraneo.

E questo è in effetti il vero obiettivo che si nasconde dietro le preoccupazioni e gli impegni di aiuti economici a Tunisi, etichettati come «piano Mattei» già riconvertito nel più scontato piano Marshall» riproposto a ogni occasione senza che trovi mai una definizione precisa e tantomeno una realizzazione. Alla promozione dei vari «piani» tendono i vari messaggeri inviati a Tunisi.

Ieri si è aggiunta una nuova preoccupazione – ripresa dai giornali tunisini – del «pericolo islamizzazione» sollevata dal ministro degli esteri italiano Tajani. «Non possiamo abbandonare la Tunisia – ha detto ancora il ministro – perché se cade questo governo, rischiamo di avere i Fratelli musulmani dentro casa. Non possiamo permetterci una islamizzazione del Mediterraneo. Ecco perché occorre agire subito». I Fratelli musulmani, rappresentati dal partito En-nahdha, sono già stati al potere in Tunisia e sebbene il presidente Saied abbia contrastato il partito di Rachid Ghannouchi, la sua visione del ruolo della religione è ancora più radicale «lo Stato deve operare per il raggiungimento degli obiettivi dell’Islam e della Sharia». E forse Tajani non si è accorto che organizzazioni che fanno riferimento ai Fratelli musulmani sono presenti nel Consiglio d’Europa e fanno campagne pubblicitarie finanziate anche dall’Unione europea, come quella bloccata dalla Francia: «La mia libertà è nell’hijab». Ma si sa che la vera preoccupazione di Tajani e di tutta la destra è quella di salvaguardare l’identità cristiana dell’Europa.