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Con Saied al potere in Tunisia tornano i tempi bui di Ben Ali

Con Saied al potere in Tunisia tornano i tempi bui di Ben AliSostenitori del presidente Kais Saied ieri a Tunisi – Ap

Il Paese nordafricano alle urne il 6 ottobre Prime elezioni dopo il colpo di forza imposto nel luglio 2021 dal presidente uscente. Un voto all’insegna del candidato quasi unico. Per lui «la libertà di espressione, i diritti delle Ong e la società civile sono un problema»

Pubblicato circa 2 mesi faEdizione del 1 ottobre 2024

Due candidati e mezzo e una domanda: qual è il senso di questo voto? Le elezioni presidenziali in Tunisia previste per il 6 ottobre sono dense di dubbi e incognite. Sono anche le prime in calendario dopo il colpo di forza imposto dal presidente della Repubblica Kais Saied il 25 luglio 2021 quando ha azzerato il parlamento, sciolto il governo e intrapreso un percorso dalle tinte fortemente autoritarie che troverà una sua prima conclusione tra poco meno di una settimana.

IL RISULTATO sembra scontato e inevitabile: a trionfare sarà il presidente uscente Saied. Un profilo forte e capace negli ultimi tre anni di ridisegnare da zero l’assetto istituzionale del paese con un nuovo testo costituzionale ultra-presidenziale. Allo stesso tempo, è anche l’unico profilo che all’interno della sfera politica nazionale gode di un consenso relativo per governare almeno fino al 2029. Infine, non ci sono avversari credibili che possano far vacillare la poltrona di Kais Saied al palazzo di Cartagine.

Se alle ultime elezioni del 2019 i candidati alla presidenza erano 26, segno di una frammentazione evidente del panorama politico tunisino ma anche di una certa vivacità del percorso di transizione democratica iniziato dopo la Rivoluzione del 2011, oggi gli sfidanti del presidente sono solo due.

UNO È AYACHI ZAMMEL e la sua corsa si è interrotta ancora prima di iniziare quando qualche settimana fa è stato arrestato con l’accusa di avere falsificato alcune firme presenti nel dossier di candidatura. Una candidatura che diversi analisti hanno definito amputata per questo ex deputato ed esponente di un piccolo partito liberale. L’altro è Zouhair Maghzaoui, uno dei leader più riconoscibili della corrente panarabista in Tunisia ma anche uno dei primi sostenitori del colpo di forza di Saied prima di prenderne le distanze.

ALL’INTERNO DI UNA CORNICE elettorale che assomiglia in modo sempre più evidente all’epoca del despota Zine El Abidine Ben Ali prima della Rivoluzione del 2011, scandagliare i programmi degli avversari dell’attuale responsabile di Cartagine permette di capire quali siano le vere preoccupazioni attorno alla Tunisia.
Zammel è un dirigente d’azienda, leader nella lavorazione di pomodori. Fin da subito il suo comitato elettorale si è schierato contro la campagna di arresti a sfondo politico inaugurata dal presidente Saied nel 2021, in particolare riferendosi a quegli uomini d’affari «che non devono finire in prigione in quanto portatori di ricchezza».

Successivamente è stato rilasciato un documento chiamato «Patto per una Tunisia migliore» per illustrare nel dettaglio alcuni impegni una volta eletto a Cartagine: riportare la crescita economica al di sopra del 4,2%; abbassare la disoccupazione al di sotto del 10%; raggiungere l’autosufficienza nella produzione di grano e di olio vegetale ad almeno il 70% del fabbisogno nazionale; portare l’inflazione al 4%.

ZOUHAI MAGHZAOUI invece è un politico di lunga data e leader del partito panarabista Echaâb. Il suo manifesto elettorale «Un’altra Tunisia è possibile» mira alla costruzione «di una Repubblica democratica e sociale» che dia priorità al mercato del lavoro, all’apertura agli investimenti internazionali e alla creazione di un servizio pubblico moderno nei settori chiave dell’educazione dove il tasso di abbandono scolastico è altissimo, sanità, ambiente, sicurezza e giustizia.

Da ambo i lati si tratta di obiettivi al limite dell’utopia, soprattutto se si guarda ai dati attuali che interessano la Tunisia con un’inflazione costante attorno al 10% per tutto il 2023 e un tasso di disoccupazione stabile al di sopra del 16%. Sono però istantanee di un paese in crisi a livello politico, economico e sociale.

AL MOMENTO l’unico candidato che non ha ancora presentato il suo programma è proprio Kais Saied. Il presidente probabilmente non ha bisogno di proclami per garantirsi un nuovo mandato e gli interventi effettuati da capo di Stato permettono di intuire ciò che ha in mente per i prossimi anni: una progressiva riduzione dello spazio pubblico per la società civile tunisina e internazionale; nuovi programmi d’investimento nell’interesse nazionale; apertura agli investimenti esteri, soprattutto nel campo migratorio ed energetico. «Oggi c’è uno Stato di diritto secondo la visione di Saied. Dopo il 25 luglio 2021 e nonostante le promesse di non minacciare i diritti di libertà, è stata la prima cosa che ha toccato. Per lui la libertà di espressione, il diritto delle organizzazioni non governative a lavorare in Tunisia e la società civile sono un problema», sono le parole di Romdhane Ben Amor, portavoce del Forum tunisino per i diritti economici e sociali che descrivono bene quale siano le vere preoccupazioni di Saied in questo momento.

AL NETTO DI QUELLO CHE SARÀ il paese nei prossimi anni, oggi l’attuale responsabile di Cartagine è finito nell’occhio del ciclone con l’accusa di avere impedito con l’aiuto dell’Alta autorità indipendente per le elezioni la candidatura di profili legati ai partiti tradizionali, avere promosso una campagna di arresti politici che ha riguardato più di 90 persone e inaugurato un sistema di espulsioni di massa nei confronti di migranti subsahariani verso i confini con Algeria e Libia dopo averli accusati di stare effettuando un’operazione di sostituzione etnica in Tunisia.

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