Grossa confusione ieri a Strasburgo alla commissione Envi (ambiente): all’esame la legge proposta dalla Commissione un anno fa, il 22 giugno 2022, sul «ripristino della natura» per almeno il 20% delle zone degradate entro il 2030. Il voto, dopo ore di discussione e con una montagna di emendamenti (2500) al di là del tempo massimo previsto, non ha permesso di arrivare alla conclusione dell’iter, ma con 44 voti a favore e 44 contrari ha almeno impedito alla destra del Ppe di bloccare il processo. Il voto finale alla commissione Envi è rimandato al 26 giugno. Poi, se il testo passa, andrà in plenaria alla riunione di luglio, prima di arrivare sul tavolo del Consiglio. Per il presidente della commissione Envi, Pascal Canfin (Renew) e per la sinistra è una piccola vittoria, perché almeno è stato bloccato il tentativo della destra di affossare il regolamento, come già aveva fatto in altre due commissioni, Agri e Pesca. Ma il voto alla sessione plenaria non sarà per nulla scontato.

IL REGOLAMENTO sul ripristino della natura fa parte del Green Deal europeo e dell’impegno di raggiungere la neutralità nelle emissioni di Co2 nel 2050. In pratica, significa estendere anche all’agricoltura l’obiettivo già imposto all’energia, ai trasporti, all’industria. L’agricoltura europea è responsabile dell’11% delle emissioni di gas a effetto serra, una cifra stabile da vent’anni (che significa che in questo settore non sono stati fatti gli sforzi richiesti di decarbonizzazione). La Pac, la politica agricola comune, che fin dall’inizio è un pilastro della costruzione europea – l’Europa affamata uscita dalla guerra doveva garantire a qualsiasi prezzo l’alimentazione dei suoi cittadini – ancora oggi assorbe un terzo del budget della Ue. La destra Ppe, che sta costruendo non solo sul rigetto dell’immigrazione ma ormai anche sul freno alle regole ambientali l’alleanza prossima con l’estrema destra (a cominciare dall’Ecr di cui fa parte il partito di Meloni), sta utilizzando tutte le leve per costruire una nuova maggioranza nel prossimo Parlamento europeo, che uscirà dalle elezioni tra un anno, dal 6 al 9 giugno 2024. La “maggioranza Ursula”, che ha permesso l’elezione dell’attuale presidente von der Leyen nel 2019, dovrebbe reggere ancora, ma con un margine molto fragile: Ppe, S&D e Renew rischiano di perdere voti, stando ai sondaggi anche i Verdi dovrebbe diminuire i consensi. Mentre l’estrema destra pro-Nato, l’Ecr (conservatori e riformisti, che ora hanno 9%, più o meno come l’altra estrema destra, Id, Identità e democrazia) dovrebbe aumentare i suffragi.

ANCHE SE IL PROGETTO non piace ai suoi alleati tedeschi della Cdu, il capogruppo Ppe, Manfred Weber (Csu bavarese), punta a creare una nuova maggioranza con l’estrema destra (Meloni, Pis polacco, Vox spagnolo, più altri che potrebbero aderire): l’idea è di attrarre il partito dei contadini olandese che ha vinto di recente le elezioni locali, proprio con una campagna contro la “legge azoto” del governo Rutte per diminuire la produzione di Co2 degli allevamenti).
Canfin ha accusato Weber di «ricattare» i parlamentari Ppe: chi approva la legge sulla natura potrebbe venire espulso dal gruppo. L’opposizione alla legge è comunque forte a destra, persino il commissario all’agricoltura, Janusz Wojciechwski (Ppe), è ostile al regolamento: «Possiamo raggiungere gli obiettivi climatici solo con gli agricoltori, non contro», ha affermato. Ma quali agricoltori? si chiedono gli ambientalisti. Nel mirino ci sono l’agricoltura e l’allevamento intensivo – il numero degli agricoltori è sempre in calo nella Ue – che fa dire a degli specialisti che se l’agricoltura non cambia per far fronte al riscaldamento climatico la Ue avrà problemi di produzione a metà secolo, e che quindi la transizione è estremamente importante anche per ragioni di sicurezza alimentare.

MA IL PPE È DIVENTATO il portavoce delle lobby agricole che intendono mantenere i profitti, surfando sull’angoscia creata dalla crisi, anche di prodotti agricoli, generata dalla guerra in Ucraina. «I professionisti del settore – dice Weber – hanno bisogno di regole concrete e chiare, di un programma preciso e di una lista delle conseguenze prevedibili, l’esatto opposto del catalogo realizzato in fretta e con misure astratte proposte dalla Commissione».