Internazionale

Ucraina alle strette, partirà la coscrizione internazionale

Un soldato ucraino vicino a Bakhmut foto ApUn soldato ucraino vicino a Bakhmut – foto Ap

Crisi Ucraina Il messaggio: arruolare anche i residenti all’estero. La doccia fredda: dagli Usa niente soldi

Pubblicato 11 mesi faEdizione del 23 dicembre 2023

Reclutare gli ucraini che si trovano all’estero in ogni modo possibile. È quanto sostiene il consigliere del presidente Zelensky, Mikhailo Podolyak, che fa eco alle parole del ministro della difesa di Kiev, Rustem Umerov. Ben vengano le sanzioni contro chi si rifiuta di tornare in patria a combattere, ma Podolyak si spinge fino a evocare la richiesta agli stati ospiti di revocare il permesso di soggiorno o le prestazioni sociali per i cittadini ucraini renitenti.

MALGRADO i condizionali e le rassicurazioni sul fatto che «nulla è stato ancora deciso», ormai l’ingranaggio sembra essersi avviato. Il principio alla base è semplice e logicamente solido: «Tutti gli ucraini devono essere uguali e devono assumersi una certa responsabilità rispetto a quanto sta accadendo nel Paese» che a breve entrerà nel terzo anno di guerra. Dunque oltre al biasimo per chi si estranea volontariamente dalla lotta, «potrebbero essere introdotte delle sanzioni pecuniarie», aveva dichiarato giovedì il ministro Umerov in un’intervista alla tedesca Die Welt. In seguito la difesa ha chiarito che si trattava di un «invito», anche perché, giustamente «dovrebbero essere consultati i governi dei Paesi in cui si trovano i nostri uomini» e non è detto che i Paesi europei siano disposti a chiudere un occhio su un’eventuale coscrizione internazionale coatta da parte delle autorità di Kiev.

IN REALTÀ la mobilitazione degli espatriati è solo la punta dell’iceberg. Immaginare di arrivare alle 4-500 mila nuove reclute richieste dallo Stato maggiore a Zelensky in questo modo è impossibile. Saranno in molti a lamentarsi e inizieranno le proteste, non c’è dubbio. Tuttavia, finché dura la guerra c’è bisogno di soldati. In un contesto di stallo come quello delineato dallo stesso capo di stato maggiore ucraino Valerii Zaluzhny, gli uomini sono fondamentali per tenere le posizioni. Così come nelle retrovie è fondamentale che lo stato continui a funzionare, che si produca, che ci siano apparati in grado di prendere decisioni e di metterle in pratica. Per far ciò servono soldi, tantissimi soldi. I 61 miliardi bloccati in commissione straordinaria al Congresso Usa sono come l’aria per Kiev. Senza quelli si soffoca e c’è chi, dall’alto delle torri del Cremlino, è pronto ad approfittarne. Per questo Zelensky è volato a Washington e per la stessa ragione ora si teme per l’Ucraina. Kiev sopravvive e si difende grazie agli aiuti, sia economici sia militari occidentali e Putin ha ragione a dire che «senza l’Occidente ora l’Ucraina non sarebbe in grado di resistere un mese». Non perché gli ucraini manchino di qualche capacità, ma per l’assenza di ciò che fa girare tutto: i soldi.

QUANDO MARTEDÌ i due leader di maggioranza e opposizione al Senato statunitense, Chuck Schumer e Mitch McConnell, hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui hanno ammesso che non si riuscirà a raggiungere un accordo sul pacchetto d’aiuti straordinario (all’interno del quale i 61 miliardi all’Ucraina erano la fetta preponderante) entro la fine dell’anno, a Zelensky deve essere mancato il fiato per un momento. Con ogni probabilità la misura sarà approvata nelle prime settimane dell’anno nuovo, ma il rischio di restare senza fondi internazionali per l’Ucraina è tragico, vorrebbe dire la bancarotta certa.

IERI BIDEN ha firmato un nuovo ordine esecutivo per imporre nuove sanzioni contro mediatori, società finanziarie e banche che hanno aiutato la Russia ad avere le risorse necessarie per la sua industria bellica. Tale misura, spiegano fonti Usa, colpisce direttamente «le società, le istituzioni e le banche» che hanno svolto un ruolo «di facilitatori» per l’apparato industriale di Mosca. Dalla Casa bianca si è diffusa anche la voce che si potrebbero sequestrare i beni russi e destinarli all’Ucraina.

MA DA MOSCA il portavoce di Putin ha avvertito: «Questo tema è inaccettabile ed estremamente pericoloso, perché se tali piani saranno attuati, sarà un colpo molto grave per l’intero sistema finanziario internazionale».

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