Uccisa mentre filma la rivolta. Insegnanti in sciopero
Iran Ghazaleh Chelabi colpita a morte il 20 settembre scorso. Il sindacato dei professori inizia la sua protesta mentre, secondo la Bbc Persian, l'arrampicatrice Elnaz Rekabi sarebbe stata posta ai domiciliari
Iran Ghazaleh Chelabi colpita a morte il 20 settembre scorso. Il sindacato dei professori inizia la sua protesta mentre, secondo la Bbc Persian, l'arrampicatrice Elnaz Rekabi sarebbe stata posta ai domiciliari
La sua uccisione risale al 20 settembre, ma è ieri che è apparso sui social media il video che ne ha catturato la morte: Ghazaleh Chelabi, iraniana di 32 anni, è stata uccisa ad Amol dalla polizia mentre filmava le proteste notturne che attraversano ormai da un mese l’intero Iran, duramente represse: il bilancio, forse sottostimato, parla di almeno 244 uccisi e 12.500 arrestati.
E se le università e le scuole sono uno degli epicentri della mobilitazione per l’impegno degli studenti, ieri il Co-ordinating Council of Teachers Syndicates, uno dei sindacati degli insegnanti, ha annunciato lo sciopero domenica e lunedì come forma di protesta per le troppe morti di giovanissimi imputate alle forze di sicurezza.
«Noi insegnanti saremo presenti nelle scuole – si legge nella nota pubblicata su un canale Telegram – ma non nelle classi. Sappiamo come forze militari e agenti in borghese stiano violando le scuole (…) e prendano senza pietà le vite di studenti e bambini». Una violenza a cui si aggiunge l’arresto di «un gran numero di insegnanti».
Notizie giungono anche sulla sorte dell’arrampicatrice Elnaz Rekabi, rientrata due giorni fa a Teheran dopo una gara a Seul senza velo. Nonostante le rassicurazioni delle autorità, ieri la Bbc Persian ha citato fonti anonime secondo cui la 33enne sarebbe stata posta agli arresti domiciliari.
Prosegue anche la frattura nel clero sciita. Se ieri l’ultraconservatore Ahmad Khatami ha fatto appello alla magistratura perché «affronti i rivoltosi così che non pensino di ribellarsi mai più», un altro noto clerico, Javad Alavi-Boroujerdi, ha sostenuto «il diritto del popolo di criticare il leader della società musulmana».
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