Il consiglio di amministrazione di Twitter riterrebbe «indesiderata» l’offerta di acquisto da 54,20 dollari per azione fatta ieri dal tycoon agitatore del capitalismo digitale Elon Musk. Non sarà l’ultimo colpo di scena di una storia iniziata due settimane fa quando il miliardario più ricco del mondo con un patrimonio di 270 miliardi di dollari a capo che produce le macchine elettriche Tesla e va nello spazio con Space X ha annunciato di avere acquisito una quota di oltre il 9% di Twitter.

In quel momento i rapporti con il consiglio di amministrazione dell’azienda sembravano amichevoli. A Musk è stato offerto un posto nel consiglio di amministrazione. Un titolo onorifico per una tweet-star da 82 milioni di «follower». Poi, ecco il primo colpo. Musk ha rifiutato scagliando pensanti critiche a chi gestisce uno degli hub più frequentati del capitalismo delle piattaforme. Basta con la pubblicità, Twitter va trasformata in una società per abbonamenti da due dollari al mese pagati con un anticipo di un anno. Così, a suo avviso, si garantirebbe la «libertà di opinione», totem per la filosofia libertariana coltivata dagli anarco-capitalisti della Silicon Valley. Dopo che un account ha pubblicato una lista dei 10 account Twitter più seguiti, tra cui l’ex presidente Barack Obama e le pop star Justin Bieber e Katy Perry, Musk ha scritto: «La maggior parte di questi account “top” twittano raramente e pubblicano pochi contenuti. Twitter sta morendo?».

Dopo la sferzata è arrivata l’offerta ostile. Ora c’è un primo problema sulla capacità effettiva di Musk di pagare più di 40 miliardi di dollari. La sua ricchezza sembrerebbe per lo più in azioni Tesla, ma la sua società pone limiti sui prestiti contro le azioni. In più ha venduto miliardi di dollari in azioni, ha versato miliardi di tasse sulle vendite e ha ceduto un’altra fetta in beneficenza.

Il funambolo ha anche bruciato i ponti con le banche specializzate in queste operazioni: JPMorgan, per esempio. E allora si è rivolto alla più «piccola» Morgan Stanley per un finanziamento del debito da 15 a 20 miliardi di dollari. Twitter ha schierato Goldman Sachs per aiutare a respingere l’offensiva di Musk. Se Twitter rifiuta l’offerta dovrà studiare una strategia che in gergo si chiama “pillola di veleno” per limitare la possibilità di acquistare azioni da parte di chiunque.

Alla fine Twitter potrebbe anche decidere di vendere ma senza pressioni esterne che minacciano acquistano un numero significativo di azioni nel mercato aperto. Alwaleed bin Talal che usa i petrodollari sauditi nel cda di Twitter rifiuterà l’offerta di Musk: non rispetta il «valore intrinseco» della società.

Musk ha detto di avere «un piano B», senza specificare quale. Ma poi ha detto di «non essere sicuro» di acquistare la società con «l’offerta migliore e quella definitiva». Pirata della finanza, rentier della tecnologia, Musk è facile alla noia. Si è detto annoiato da Tesla, che soffre per la crisi post-Covid delle catene di approvvigionamento. Se troverà un antidoto alla pillola al veleno avrà tutto il tempo di annoiarsi anche usando il Twitter per abbonati.