Big Tech: la sfida delle regole, ma la lotta contro i nuovi Leviatani è dura
Apple, è scontro – Reuters
Economia

Big Tech: la sfida delle regole, ma la lotta contro i nuovi Leviatani è dura

Il caso L'entrata in vigore del Digital Markets Act, il regolamento europeo sui mercati digitali, ha costretto i giganti del settore a modificare alcune funzioni dei loro servizi. Ciò avrà un impatto concreto sull'esperienza degli utenti europei. Cosa cambia nell'uso quotidiano dei social e la partita politica che si sta giocando in Europa
Pubblicato 9 mesi faEdizione del 8 marzo 2024

L’Unione Europea ha avviato ieri una delle leggi di più ampia portata al mondo per affrontare il potere delle più grandi aziende tecnologiche, potenzialmente in grado di rimodellare gli App store, la pubblicità online, l’e-commerce, i servizi di messaggistica e altri strumenti digitali di uso quotidiano. Per la vice presidente della Commissione europea, Margrethe Vestager, la normativa “cambierà profondamente il modo in cui funzionano i mercati online e aprirà il mercato digitale, a vantaggio di tutti gli operatori e gli utenti europei”.

La legge, chiamata Digital Markets Act, è l’atto di politica digitale più ampio da quando, nel 2018, l’Unione Europea ha adottato le norme più severe al mondo per la protezione dei dati online delle persone (Gdpr). La normativa cercherà di aprire i servizi ai consumatori, garantendo una concorrenza e creando spazio per i nuovi operatori.

La legge sui mercati digitali si applicherà alle cosiddette «piattaforme gatekeeper», definite in base a fattori quali un valore di mercato superiore a 75 miliardi di euro, pari a circa 83 miliardi di dollari. Il gruppo comprende Alphabet, proprietario di Google e YouTube, Amazon, Apple, Microsoft e Meta (Facebook, Instagram e WhatsApp). Da oggi, Google non potrà più raccogliere dati da diversi servizi per offrire annunci mirati senza il consenso degli utenti. Apple, che è stata multata per 1,8 miliardi di dollari per abuso di posizione dominante sul mercato dei download musicali, sarà costretta a ad aprire la sua piattaforma ad alternative su iPhone e iPad. I trasgressori della legge potrebbero incorrere in sanzioni fino al 20% del loro fatturato globale – che potrebbe raggiungere le decine di miliardi di dollari – in caso di recidiva.

I Leviatani della rete dovranno garantire l’accesso ai servizi dei concorrenti, invece di imporre le proprie soluzioni per impostazione predefinita: browser Internet, servizio di mappatura e applicazioni. La messaggistica istantanea di WhatsApp e Messenger, ad esempio, deve essere resa interoperabile con i servizi concorrenti che la richiedono. Le aziende, inoltre, dovranno informare Bruxelles di qualsiasi operazione di acquisizione, indipendentemente dalle sue dimensioni.

L’applicazione del nuovo arsenale legale sarà un compito colossale. Ancora oggi, a quasi otto anni dall’adozione del Gdpr, l’Unione Europea fatica a garantire che Facebook rispetti la privacy di milioni di persone in Europa. Tanto che Bruxelles ha multato l’azienda madre (Meta) per 1,2 miliardi di euro lo scorso anno per violazioni della protezione dei dati. Le aziende cercheranno di ridurre l’impatto della legge in tribunale.

Per anni, l’Europa ha stabilito lo standard nella regolamentazione del settore tecnologico, solo per scoprire che i suoi sforzi non hanno avuto un grande impatto mentre i colossi tecnologici continuavano a crescere. Si consideri che la Commissione europea ha riconosciuto Google colpevole di violazioni antitrust per tre volte dal 2017 al 2019, con multe per circa 8,25 miliardi di euro. Ma i casi hanno richiesto diversi anni per essere portati a termine, dando a Google tutto il tempo necessario per assicurarsi la sua posizione dominante nella pubblicità online, nel software per smartphone e nella ricerca su Internet. Le sanzioni pecuniarie, che sono di modesta entità per un’azienda con un fatturato annuo di oltre 160 miliardi di dollari, sono tuttora oggetto di ricorsi in tribunale.

Le autorità di regolamentazione avranno bisogno di nuovi fondi. La Commissione Ue dovrà assumere decine di nuovi dipendenti. Ci sono 80 persone che lavorano sulla legge, 123 sul suo regolamento. Meta e TikTok impiegano ciascuno più di mille persone. Il problema delle forze in campo però è relativo: le nuove regole fanno ricadere sulle aziende la responsabilità di dimostrare che stanno rispettando le nuove norme. «Penso che ci saranno casi di mancato rispetto delle regole», ha ammesso Vestager. Bruxelles utilizzerà «tutti gli strumenti» a sua disposizione per affrontarli.

Le polemiche già esistono e sono forti. Riguardano in questo momento Apple. Il gruppo californiano ha costruito il suo successo su un ecosistema chiuso in cui controlla tutti i parametri, invocando una maggiore sicurezza per i suoi utenti. Questa filosofia è in diretta opposizione all’apertura alla concorrenza auspicata dall’Unione Europea.

Il primo marzo scorso 34 associazioni di sviluppatori hanno scritto una lettera molto critica alla Commissione Europea denunciando il comportamento di Apple rispetto alle norme stabilite dalla legge.

“I nuovi termini di Apple non solo non rispettano lo spirito e la lettera della legge, ma, se lasciati invariati, si fanno beffe – hanno scritto – Apple offre agli sviluppatori di app una scelta impraticabile tra il mantenimento delle condizioni attuali –  palesemente non conformi alla legge – e l’adesione alle nuove condizioni, sottintendendo che solo gli sviluppatori di app che aderiscono alle nuove condizioni beneficeranno delle condizioni previste dalla legge. La nuova struttura delle commissioni sembra progettata per mantenere e persino amplificare lo sfruttamento del dominio di Apple sugli sviluppatori di app. Gli sviluppatori di app saranno scoraggiati dal fornire esperienze in-app senza soluzione di continuità per i consumatori e ostacoleranno la concorrenza leale con potenziali fornitori di pagamenti alternativi. Le nuove condizioni di Apple non consentono il sideloading [il trasferimento dei file tra due dispositivi invece che caricarli o scaricarli da Internet, ndr.] e rendono l’installazione e l’utilizzo di nuovi app store difficile, rischioso e finanziariamente poco interessante per gli sviluppatori”.

Nel dettaglio vediamo quali potrebbero essere gli effetti sui principali servizi usati dagli utenti della rete. La legge sui mercati digitali vieta a Google di posizionare i propri prodotti in modo più favorevole nei risultati del motore di ricerca. Dovrà smettere di dare rilievo al suo comparatore di voli, Google Flights, che appariva in cima ai risultati quando gli utenti cercavano viaggi aerei. La scomparsa di Google Maps nella parte superiore della pagina ottenuta dopo alcune ricerche di località fa parte dello stesso approccio.

Sarà inoltre possibile utilizzare Messenger, l’applicazione di messaggistica del gruppo Meta, senza avere un account Facebook. Per questo motivo, da qualche giorno, l’applicazione chiede ai suoi utenti europei di fare una scelta: continuare a usarla con il proprio account Facebook o creare un account separato. Solo nel primo caso, “potrai inviare messaggi ai tuoi amici e alle tue comunità di Facebook”, si è letto in un messaggio.

Inoltre un utente di WhatsApp potrà scambiare messaggi con un utente di Messenger, ma anche con un utente di Signal, senza dover cambiare applicazione. Questo servizio non sarà disponibile immediatamente, dovrà essere organizzato con i servizi di messaggistica concorrenti.

Gli utenti dello smartphone “iPhone” potranno scaricare applicazioni senza dover passare per l’App Store, il negozio ufficiale di Apple.Per quanto riguarda i pagamenti effettuati nelle applicazioni offerte dall’App Store, non sarà più obbligatorio passare attraverso Apple. Apple, a fine gennaio, aveva avvertito che rappresentavano “minacce alla sicurezza e alla privacy” dei suoi utenti.

Microsoft dovrà consentire agli utenti di Windows di disinstallare, se lo desiderano, le applicazioni fornite di default con il sistema operativo, come l’assistente Cortana o il browser Edge. Apple e Google dovranno rendere più facile per gli utenti iOS e Android scegliere un browser web predefinito che non sia necessariamente quello sviluppato dall’azienda – nel loro caso, Safari e Chrome.

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