Al suo ingresso nell’hotel Bürgenstock sul lago di Lucerna, Volodymyr Zelensky ha ricordato ancora una volta quanto saranno importanti i prossimi due giorni «per chiunque sia interessato a una pace giusta» in Ucraina.
Secondo gli organizzatori alla Conferenza per la pace voluta da Kiev e ospitata dal governo svizzero nel cantone di Nidvaldo, nello stesso luogo dove in passato si svolsero i negoziati di pace sul Sudan e su Cipro, parteciperanno oltre 100 delegazioni da tutto il mondo. Ma non quella russa. Su questo punto l’Ucraina aveva insistito fin dall’inizio e il governo svizzero l’ha assecondata, anche in virtù delle reticenze di Mosca che ha nicchiato per qualche settimana prima di dichiarare che si trattava di «un incontro inutile».

Tuttavia, è evidente che finché i funzionari di Mosca non siederanno non diciamo allo stesso tavolo, ma almeno nella stessa sala di quelli di Kiev, la pace sarà ancora un miraggio. L’idea espressa ieri da Zelensky, ovvero che «il mondo libero costringa la Russia a ritirarsi e a risarcire l’Ucraina» è pura propaganda di guerra. Legittima, perché ogni belligerante fa la sua e quella russa raggiunge abissi ben più oscuri (dalla sostituzione etnica alle lobby Lbgtq+ occidentali contro la tradizione), ma pur sempre propaganda.

LA KERMESSE CHE INIZIA OGGI ha un solo vero obiettivo per l’Ucraina: far convergere tutti sulla «Formula per la pace in 10 punti» presentata alla fine del 2022 e dimostrare all’opinione pubblica interna e al nemico che il «blocco occidentale» è ancora unito contro Putin. Il quale, del resto, ieri ha indossato di nuovo i panni del leader incompreso dichiarando che «la Russia è pronta a un cessate il fuoco e all’avvio di negoziati se le truppe ucraine si ritireranno completamente dalle regioni di Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson e Kiev si impegnerà a non aderire alla Nato».

I FUNZIONARI UCRAINI si sono mostrati indignati, «si tratta di un ultimatum, non di una vera proposta di dialogo» e subito dopo il segretario generale della Nato Stoltenberg e il segretario alla Difesa Usa Lloyd Austin hanno rilasciato commenti simili. Ma Zelensky sa bene che è trascorso più di un anno e mezzo da quando riceveva standing ovation dovunque si recasse e la rivista Time lo aveva nominato «persona dell’anno».

Le recenti elezioni europee hanno fatto registrare un’avanzata dei partiti ostili all’Ucraina in un momento in cui i principali alleati continentali di Kiev, Francia e Germania, attraversano una crisi politica nera. Pertanto il Cremlino può permettersi addirittura un botta e risposta dalla distanza: «Le condizioni poste dal presidente russo Vladimir Putin per la fine del conflitto in Ucraina non sono un ultimatum ma un’iniziativa di pace che riflette l’attuale situazione sul campo». In altri termini, stiamo vincendo, accettatelo e trattate.

L’ALTRO GRANDE ASSENTE sarà la Cina, che è stata accusata di recente di aver fatto «pressioni agli stati in via di sviluppo per disertare il summit». Due settimane fa il ministero degli Esteri di Pechino aveva dichiarato che l’organizzazione della Conferenza «non soddisfa le aspettative di Pechino, che prevedono la partecipazione sia della Russia che dell’Ucraina». Gli Usa ci saranno, nonostante la scarsità di entusiasmo della vigilia. Il presidente Biden è rientrato in patria per una serata di gala finalizzata a raccogliere fondi per la sua campagna elettorale. Di conseguenza, i canali Telegram russi si sono riempiti di battute sul fatto che Biden ha preferito George Clooney e Julia Roberts a Zelensky e Kuleba. Dunque a Lucerna sarà presente la vice-presidente Kamala Harris, con il mandato di ribadire gli sforzi della Casa Bianca «per una pace giusta e duratura, basata sulla sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina».

MA QUALI SONO I PUNTI fondamentali delle richieste ucraine per poter cessare il fuoco? Come spiegò di fronte al Consiglio di Sicurezza dell’Onu il 20 settembre dell’anno scorso il presidente Zelensky: il punto non negoziabile è il 5°, «l’applicazione della Carta dell’Onu e il ritorno alla integrità territoriale ucraina». Inoltre, Kiev chiede «il ritiro di tutte le formazioni armate russe dal territorio ucraino, incluse le forze mercenarie» e «il ripristino dei confini del 1991» con la Crimea. Poi si parla di sicurezza nucleare, alimentare (rispetto alle esportazioni di grano ucraino) ed energetica (la crisi dovuta ai bombardamenti russi delle infrastrutture). Infine, si chiedono garanzie mediante «un documento firmato da tutte le parti in causa che certifichi la fine della guerra» e dei risarcimenti di guerra.

UN PIANO che sarebbe attuabile, nonostante il beneplacito ottenuto dal G7 pugliese, solo se l’Ucraina stesse vincendo. Ma non è così, nessuno ha il predominio sul campo di battaglia e Kiev è in estrema difficoltà, anche se per ora tiene le posizioni. Cosa vuole la Russia l’abbiamo capito: logorare ulteriormente il nemico e mettere in sicurezza le conquiste territoriali. Ma, senza scomodare l’etica, viene da chiedersi se il governo ucraino abbia davvero un piano che non sia la guerra a oltranza.