Alla fine è persino scesa in campo Liz Truss, l’effimera prima ministra britannica che non sapeva se la Francia è «amica o nemica», per dire tutto il male che pensa delle dichiarazioni di Emmanuel Macron alla conclusione del viaggio in Cina la settimana scorsa. Il mondo politico anglo-sassone, gonfiato dalle analisi della stampa, malgrado l’attenuazione della Casa Bianca che ha evocato le «eccellenti relazioni bilaterali» tra Usa e Francia, ha ampiamente criticato Macron.

Per le affermazioni sulla necessità che l’Europa «non segua il ritmo degli Usa o le sovra-reazioni della Cina», per evitare «il grande rischio» di «essere presi in crisi che non sono le nostre».

Senza scadere nella volgarità dell’ex presidente Donald Trump, secondo il quale Macron «ha leccato il culo a Xi», le critiche sono piovute da ogni parte. In Europa, gli attacchi più virulenti sono arrivati dall’est, Polonia (ormai il primo esercito europeo) e Baltici in testa: il primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki, in viaggio a Washington, si è premurato di insistere sul rafforzamento dei legami con «il nostro alleato più potente», «garante delle sicurezza in Europa».

L’attacco a Macron è un’offensiva facile in questo periodo, il presidente è a terra per la rivolta contro la riforma delle pensioni malfatta, il terreno scivola per il presidenzialismo francese impotente in mancanza di maggioranza assoluta in parlamento, c’è lo scacco in Africa. I tentativi falliti di mantenere un dialogo con Putin aumentano i rimproveri a Macron (ma l’ultima telefonata risale al settembre scorso) e rendono facile prevedere un analogo fallimento con un altro autocrate, il cinese Xi Jinping.

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Cosa ha detto di tanto negativo il presidente francese? Macron ha evocato una volta di più la necessità di «un’autonomia strategica» europea, che si declina non solo dal punto di vista militare per ricercare un ordine di sicurezza nel vecchio continente dove è tornata la tragedia della guerra, ma anche per quello che riguarda la politica industriale, l’indipendenza economica da riconquistare (anche dall’egemonia del dollaro, oltre al protezionismo del programma Ira, Inflation Reduction Act), dopo che il Covid prima e l’aggressione russa in Ucraina poi hanno dimostrato tutte le debolezze europee.

La Ue ha saputo emanciparsi dalla dipendenza dalle energie fossili russe, ma in questo periodo di transizione ha accresciuto quella con gli Usa (per le importazioni di Gnl). L’Europa non deve «seguire» gli Usa a occhi chiusi, «non vogliamo entrare in una logica di blocco contro blocco», dobbiamo costruire un «terzo polo», che eviti la «vassallizzazione»: è la fine delle illusioni sul dolce commercio che risolve le crisi, della Ue ingenua, erbivoro tra i carnivori, che deve mettere i denti.

Per il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, la posizione francese è meno isolata nella Ue di quanto possa apparire in queste ore, l’alleanza con gli Usa non significa seguire «ciecamente, sistematicamente le posizioni statunitensi su tutti i fronti».

Per il viaggio in Cina Macron è stato accompagnato dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che aveva alzato i toni con Pechino alla vigilia della visita, nel difficile trittico delle relazioni con Pechino, partner commerciale, concorrente strategico e rivale sistemico.

Macron aveva definito i contenuti dell’autonomia strategica europea nel discorso della Sorbona del 2017. Ma il termine non è una sua invenzione: la Ue ne parla dal 2013 per l’industria della difesa, di «strategia globale» discutono i testi di Bruxelles dal 2016, la Bussola strategica Ue è del 2022 (acquisizioni congiunte di materiale per maggiore efficacia ed economie di scala, aumento della spesa militare, convergenze nell’industria europea).

La «sovranità strategica» è nel contratto di governo del cancelliere Scholz con Verdi e Liberali, anche se la Germania ha sempre frenato, già con Merkel, la fretta emancipatrice di Parigi, sempre sospettata di voler trasformare la Ue in una grande Francia (almeno dal punto di vista strategico-militare, grazie al fatto che ormai è l’unico paese Ue nel consiglio di sicurezza dell’Onu e con l’arma atomica).

Il Pentagono dal 2018 è consapevole che gli Usa non sarebbero in grado di mantenere due fronti, uno in Europa l’altro in Asia. Persino nella Nato c’è la considerazione che l’autonomia del «pilastro europeo» sia una condizione necessaria per la resilienza del blocco. La Ue è consapevole che, anche con Joe Biden, la prima priorità degli Usa è la difesa dei propri interessi e che in secondo luogo arriva il conflitto con la Cina, che rischia di degenerare e trascinare il mondo in una tragedia infinita.