Sono le donne che hanno permesso a Luis Inácio Lula da Silva di diventare il 39esimo presidente del Brasile. Indipendentemente dalla classe sociale, la maggioranza delle donne brasiliane ha votato per lui, consentendogli una vittoria di misura sul presidente uscente, Jair Bolsonaro, secondo i dati di Datafolha.

Nel terzo governo Lula c’è la delegazione di ministre più grande di sempre. Tra le undici ministre, ce ne sono alcune ad alto valore simbolico. Come Anielle Franco all’uguaglianza razziale, sorella di Marielle, consigliera comunale di Rio de Janeiro, uccisa nel marzo 2018 dalle milizie per ragioni politiche.

Ieri la famiglia Franco ha annunciato che accetta l’avvio di un’inchiesta guidata dalla polizia federale, che fa tremare la famiglia Bolsonaro, collegata a uno dei miliziani killer. Tre donne alla difesa dell’Amazzonia: Sonia Guajajara, ministra dei popoli indigeni; Joênia Wapixana, presidente della Fondazione nazionale dell’Indio, e Marina Silva, ministra all’ambiente.

MARTEDÌ SCORSO, le nuove titolari dei dicasteri brasiliani si sono ritrovate alla cerimonia di insediamento della ministra delle donne, Cida Gonçalves. Sul palco le ministre, in platea i movimenti femministi, «attento machista, l’America latina è tutta femminista», hanno cantato tutte insieme.

Il dicastero di Gonçalves è «delle donne. Di tutte le donne che compongono la nostra società: nere, bianche, indigene, Lgbt+, delle città, della campagna», ha detto la neo nominata. Gonçalves, 61 anni, detta Cidinha, attivista femminista e dirigente di lungo corso del Partito dei Lavoratori (Pt), di Mato Grosso do Sul, assume un ministero creato ex-novo.

E sostituisce l’ex ministra bolsonarista, Damares Alves, «quadro molto capace, guidata dal più estremo fondamentalismo evangelico con sfumature naziste. Efficiente nello smantellamento dei diritti umani, nella militanza fanatica anti-aborto, e in un’azione capillare contro la protezione dell’indio» ha scritto la professoressa Teresa Isenburg.

L’interruzione volontaria di gravidanza è terreno sensibile nella religiosissima società brasiliana. Lula in passato ha provato ad aprire un dibattito, ma ha sempre dovuto fare marcia indietro. Gonçalves intende affrontare quello che «è un tema di salute pubblica, ma dobbiamo stare attente ad aprire una discussione parlamentare, rischiamo di perdere più che guadagnare», ha detto riferendosi alle sabbie mobili del Congresso dove Lula è in minoranza e i gruppi evangelici sono molto influenti.

E POI CI SONO DONNE in ministeri di primo piano: la cantante Menezes alla cultura; Nísia Trindade incaricata di ridare prestigio al Sistema di salute universale; la centrista Simone Tebet alla pianificazione economica.

Due donne presiederanno le banche statali Caixa Econômica Federal e Banco do Brasil. Figura chiave della politica brasiliana è la presidente del Pt, Glesi Hoffman. Nel 2016 ha guidato la difesa parlamentare contro l’impeachment all’ex presidente Dilma Rousseff, si è affermata come dirigente politica determinata e ha accompagnato Lula nella composizione del governo.

Ciononostante, il Brasile non è un posto per donne. Nel congresso ci sono meno di due deputate ogni dieci congressisti, il 18% alla Camera, il 17% al Senato. Il numero più alto di sempre. Dei ventisette Stati federali, solo Rio Grande do Norte è governato da una donna, Fátima Bezerra del Pt.

Nel settore pubblico le donne occupano il 40% della forza lavoro, nei livelli di direzione appena il 26%. Guadagnano salari più bassi a parità di lavoro e il tasso di disoccupazione femminile è il doppio di quello maschile.

La violenza sulle donne, soprattutto tra le mura domestiche, ha numeri vertiginosi: nei primi sei mesi del 2022, 700 casi di femminicidio; nel 2021, 66mila donne sono state vittime di stupro e 230mila vittime di aggressioni fisiche in casa, secondo i dati del Anuário Brasileiro de Segurança Pública. E le donne nere sono le vittime più frequenti: il 67% delle vittime di femminicidio e l’89% di violenza sessuale.

LA STRADA per l’uguaglianza di genere è in salita, soprattutto dopo i quattro anni di governo di Bolsonaro, ma oggi ci sono sempre più donne e attiviste femministe impegnate in ruoli di responsabilità.

Piccoli segnali: durante la cerimonia di insediamento dei ministri del governo Lula, tutti, anche i più conservatori, hanno utilizzato un linguaggio inclusivo e fatto frequenti riferimenti all’agenda femminista. Lo stesso Lula, negli ultimi anni, ha cambiato il suo discorso e oggi insiste «nell’importanza che gli uomini partecipino nei lavori domestici e di cura».