Quando non ci sono nuvole, verso l’ora del tramonto, da Kelibia, città costiera del nord della Tunisia, è possibile vedere il profilo di Pantelleria e dunque l’Italia.
Questo, ci dice molto di quanto la Tunisia sia importante per il nostro Paese, nella sua funzione geografica di porta d’accesso all’Africa, nella sua funzione geopolitica per la pace nel Mediterraneo e nella sua funzione culturale di chiave di lettura del mondo arabo e delle pulsioni che lo animano. Ciò che succede in Tunisia, dunque, ci riguarda per questo, non solo per i temi legati alla sicurezza e alla presunta crescita dei flussi migratori.

Domenica scorsa il Presidente della Repubblica tunisina Kais Saied ha assunto la responsabilità del potere esecutivo e sospeso le attività del Parlamento in base dell’art. 80 della Costituzione. Tale crisi, alimentata dall’instabilità del sistema politico, dal deterioramento della situazione economica e dal covid, nasconde tutte le profonde fratture presenti nella società tunisina dagli albori della primavera araba e rese più laceranti dai differenti interessi stranieri nel Paese.

Alcune forze politiche hanno parlato di golpe e la situazione politica è al momento incerta. Tuttavia, continuo a confidare che il Presidente Saied, già docente di diritto costituzionale ed esperto per la Lega Araba e per l’Istituto arabo per i diritti umani, dopo le tensioni di questi giorni, eserciti le sue funzioni nel rispetto dello Stato di diritto e delle garanzie democratiche. Del resto, l’obiettivo politico dello scontro istituzionale aperto dal Presidente tunisino, il Partito Ennahda, forza islamista moderata che ha la maggioranza relativa in Parlamento, ha rinunciato ad invocare la piazza e ha aperto al dialogo.

Tuttavia, la situazione resta tesa. Con la sospensione dell’immunità parlamentare decisa dal Presidente della Repubblica, che si è detto desideroso di sradicare la corruzione che affligge la politica tunisina, si stanno moltiplicando le accuse di “finanziamenti illeciti dall’estero” verso esponenti di Ennadha e dei suoi alleati laici di Qalb Tounes. Una vera “tangentopoli tunisina”, già alla base delle proteste di piazza degli ultimi 15 giorni.
Proteste alimentate anche dalla diffusa sfiducia sulla gestione dell’emergenza covid: 18 mila vittime in un Paese di 11 milioni di abitanti.

Un binomio pericoloso, dunque, fra Covid e corruzione, che ha incendiato la società tunisina e che spiega i caroselli della popolazione domenica notte in tutte le città del Paese, anche le “roccaforti” di Ennadha, con manifestazioni popolari spontanee esplose per festeggiare la chiusura del Parlamento da parte di Saied.
Questo sentimento popolare non può essere minimizzato, ma va ascoltato e ricondotto nella normale vita democratica del Paese.

Saied deve farsene interprete nominando in tempi rapidi un capo del Governo nel rispetto della Costituzione tunisina, ma dovrà anche garantire processi giusti e l’indipendenza della magistratura che giudicherà gli esponenti politici accusati di illeciti, tutto nel piano rispetto del ruolo e delle funzioni del Parlamento che dopo la sospensione di 30 giorni deve tornare a poter efficacemente rappresentare i cittadini.
Il Capo dello Stato sarà giudicato dalla comunità internazionale su questo, e toccherà a lui decidere se farsi autocrate o vera guida per la giovane democrazia tunisina.
In tale scenario, il nostro ruolo è promuovere, come Italia e come Ue, nel pieno rispetto della sovranità tunisina, una nuova fase di dialogo.

Dobbiamo farci promotori di un confronto tra il presidente Saied, le parti politiche e le forze sociali e civili, come i sindacati, le associazioni studentesche e gli altri corpi intermedi, e nel frattempo dobbiamo adoperarci per garantire un aiuto concreto in termini economici e di profilassi sanitaria per consentire al popolo tunisino di vaccinarsi in massa.
Due sono le strade da seguire. Sull’esempio di Next generation Eu, si elabori, utilizzando i 110 miliardi del capitolo “neighbourhood and the world” del quadro finanziario pluriennale UE 2021-2027, un PNRR per il Nord Africa. In contemporanea si sviluppi anche un piano immediato di aiuti sanitari per vaccinare tutti i popoli della sponda Sud che vada oltre il Covax. L’Italia e l’Unione europea non lascino il Maghreb abbandonato alla morsa del Covid-19 e della povertà.

* presidente della delegazione per le relazioni con i paesi del Maghreb, eurodeputato del Pd