Tunisia e Libia si dividono i migranti ammassati al confine
Il lavoro sporco Accordo raggiunto tra i due paesi ma nessuno garantisce sul rispetto dei diritti umani. Pattuglie miste a guardia della frontiera
Il lavoro sporco Accordo raggiunto tra i due paesi ma nessuno garantisce sul rispetto dei diritti umani. Pattuglie miste a guardia della frontiera
Tunisia e Libia si dividono i migranti ammassati da settimane senza cibo né acqua al confine tra i due paesi. A dare l’annuncio sono stati ieri il ministro dell’interno libico, Imed Trabelsi e l’omologo tunisino Kamal El-Feki al temine di un negoziato nel quale è stato deciso anche di creare pattuglie comuni per garantire «la sicurezza della frontiera».
La notizia è però solo in parte positiva. Se da un lato si sblocca finalmente una situazione di estremo pericolo per alcune centinaia di uomini donne e bambini abbandonati da giorni nella terra di nessuno nei pressi del valico di Ras Jedir, va anche detto che non sembra siano state offerte garanzie sul tipo di trattamento a cui saranno sottoposti i migranti, né sono previsti controlli da parte di organizzazioni internazionali.
Sia la Tunisia che la Libia sono infatti paesi in cui non solo non vengono rispetta i diritti umani, ma palesemente ostili nei confronti degli stranieri, in modo particolare se subsahariani come i disperati deportati e abbandonati nel deserto dalla polizia del presidente tunisino Kais Saied. Secondo l’agenzia Associated Press, che ha raccolto le dichiarazioni delle autorità libiche, i corpi di almeno 27 migranti provenienti dall’Africa sub-sahariana sono stati trovati nei giorni scorsi a ridosso del confine tunisino.
L’accordo raggiunto ieri prevede la presa in carico da parte dei due paesi di circa 300 migranti ancora bloccati alla frontiera di Ras Jedir. In particolare Tunisi accoglierà un gruppo di 76 uomini, 42 donne e 8 bambini mentre la Libia si occuperà dei rimanenti, tra le 150 e le 200 persone. «Il trasferimento del gruppo è avvenuto ieri nei centri di accoglienza di Tataouine e Medenine con la collaborazione della Mezzaluna Rossa tunisina)», ha detto un portavoce del ministero dell’Interno di Tunisi.
Le condizioni di sicurezza per i migranti saubsahariani presenti in Tunisia sono improvvisamente precipitate fino ad annullarsi dopo le frasi choc pronunciate il 21 febbraio scorso dal presidente Saied che ha parlato di un «piano criminale per cambiare la composizione demografica della Tunisia». Parole che hanno alzato la tensione e provocato scontri a Sfax, principale punto di imbarco per chi vuole raggiungere l’Europa, duranti i quali è morto un tunisino di 40 anni. A fine luglio circa duemila migranti sono stati deportati dalla polizia al confine con la Libia e abbandonati nel deserto.
Un situazione che nelle scorse settimane ha provocato anche una presa di posizione dell’Onu, con il segretario generale Antonio Guterres che ha chiesto alla Tunisia di fermare l’espulsione dei migranti nelle aree di confine nel deserto e di trasferire coloro che già vi si trovavano. «Centinaia, tra cui donne incinte e bambini, sarebbero rimasti bloccati in condizioni estremamente disastrose con scarso accesso a cibo e acqua», aveva detto un portavoce.
Nonostante le violenze e le discriminazioni nei confronti degli stranieri, solo poche settimane fa l’Unione europea ha siglato un memorandum di intesa con la Tunisia che prevede lo stanziamento di 250 milioni di euro (150 dei quali per la gestione delle frontiere), in cambio di maggiori controlli mirati a impedire le partenze di barconi.
Accordo che però preoccupa il parlamento europeo, che chiede di conoscerne meglio i contenuti. In una interrogazione alla Commissione europea, gli eurodeputati di S&D, Verdi, Renew, The Left e Ppe definiscono l’intesa raggiunta «profondamente preoccupante, dato il peggioramento dei diritti dei migranti nel Paese, comprese le espulsioni collettive alle frontiere non sicure, le violazioni durante le intercettazioni in mare e gli arresti di migranti dell’Africa subsahariana da parte della polizia».
Gli eurodeputati chiedono inoltre «quali misure intende adottare la Commissione per garantire che i finanziamenti non vadano a beneficio delle istituzioni coinvolte in violazioni dei diritti umani e perché nel memorandum d’intesa non sono contenute le richieste di lunga data dell’Ue per un dialogo nazionale esaustivo e il rilascio dei prigionieri politici».
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