I sostenitori del presidente tunisino Kais Saied non hanno aspettato che venissero proclamati i risultati del referendum per festeggiare la vittoria nella centrale avenue Bourghiba di Tunisi. Del resto, il 25 luglio tutto si è svolto come previsto: partecipazione al 27,4% degli iscritti alle liste elettorali, il tasso più basso mai registrato in Tunisia. E oltre il 92% ha votato sì.

LA MAGGIORANZA BULGARA è solo un dettaglio, neanche inusuale sotto i regimi autoritari. Peraltro, l’atteggiamento dispotico di Kais Saied – che ha usato tutti gli strumenti pubblici durante la campagna elettorale – non si è frenato nemmeno nel giorno del voto: la televisione pubblica Watania, in violazione del silenzio elettorale, ha infatti trasmesso un’intervista al presidente di quindici minuti. L’osservatorio Chahed ha denunciato le violazioni nei seggi elettorali e il Sindacato dei giornalisti si è lamentato delle difficoltà incontrate dalla stampa nel seguire le elezioni.

Il disinteresse a livello internazionale della pericolosa evoluzione tunisina, che con questa costituzione oltre all’iperpresidenzialismo rischia di scivolare verso la repubblica islamica, ha interessato anche il voto dei tunisini all’estero, che si attesta tra il 3 e il 5% degli aventi diritto.

IN TUNISIA, L’ASTENSIONE intorno al 75 % non è dovuta al disinteresse per la politica ma all’indicazione di boicottaggio delle forze che hanno condannato la presa dei poteri da parte di Saied. Tra i quali il Fronte di salute nazionale che comprende i partiti islamisti, a cominciare da Ennahdha che ha criticato i dati sul referendum diffusi dall’Istanza superiore indipendente per le elezioni (Isie, nominata da Saied, quindi poco indipendente), chiede le dimissioni del presidente e si propone la formazione di un governo di salvezza nazionale che porti il paese a elezioni mobilitando il parlamento disciolto.

Per il boicottaggio si erano espresse anche le forze di sinistra e il Partito desturiano libero guidato da Abir Moussi, che pur affondando le radici nel passato tunisino, ha un forte supporto nel paese nordafricano. Per Moussi la consultazione è stata fraudolenta.

Il presidente Saied è contro i partiti, soprattutto quelli islamisti, perché ritiene di essere lui a realizzare gli obiettivi della Umma (comunità islamica). Tra i motivi che hanno portato a votare Sì alla nuova costituzione, secondo Sigma Conseil, un ufficio di studi e statistiche, vi sarebbe proprio l’opposizione a Ennahdha e al suo fondatore Rachid Ghannouchi.

NATURALMENTE IN QUEL 27,4% vi sono anche i sostenitori del progetto di Saied che mette fine alla situazione del passato con un uomo solo al potere. Il contenuto della costituzione non ha alimentato il dibattito del grande pubblico. E la piccola percentuale di no è basata, sempre secondo la Sigma, sul desiderio dei votanti di esprimere concretamente, con un voto, la propria opposizione e anche di rivendicare i principi fondamentali di una democrazia.

Dopo aver eliminato la costituzione del 2014 ora il presidente si propone di rifare la legge elettorale, in vista delle elezioni di dicembre. La nuova costituzione fatta su misura per e da Kais Saied rappresenta per il presidente un importante traguardo, dopo lo scioglimento del parlamento, l’istanza nazionale per la lotta contro la corruzione, il consiglio superiore della magistratura.

IN VIOLAZIONE di qualsiasi norma il presidente aveva fatto confezionare una costituzione in tre settimane ma il testo pubblicato sulla Gazzetta ufficiale non era quello consegnatogli.

Soprattutto non era stato fissato nessun quorum per la validità del referendum che dovrà regolare il funzionamento delle istituzioni tunisine negli anni a venire in sostituzione della costituzione del 2014, frutto sicuramente di compromessi ma che dopo la caduta di Ben Ali aveva ricercato un equilibrio delle istituzioni in modo da garantire un funzionamento democratico.

I limiti avevano portato a una paralisi del parlamento, ma il suo congelamento non era stata una soluzione, bensìun atto di imperio del presidente che con il referendum del 25 luglio, a un anno dal colpo di forza, ha concluso il suo golpe.