Tunisia, catturati in mare e deportati oltre il confine libico
La denuncia Otto organizzazioni hanno ricostruito la gravissima vicenda di un centinaio di migranti subsahariani
La denuncia Otto organizzazioni hanno ricostruito la gravissima vicenda di un centinaio di migranti subsahariani
«Per favore aiutateci, stiamo per morire. Non mangiamo da cinque giorni. Hanno violentato le donne. Hanno messo gli altri in prigione. Siamo nel deserto. La polizia tunisina ci picchia, quella libica ci cattura. Venite a cercarci», dice un uomo con la voce rotta dalle lacrime. È una delle richieste di aiuto registrate nei messaggi vocali ricevuti da otto importanti organizzazioni che ieri hanno denunciato una vicenda gravissima (tra loro: Avvocati senza frontiere/Asf; Forum tunisino per i diritti economici e sociali/Fteds; Organizzazione mondiale contro la tortura/Omct; Associazione studi giuridici sull’immigrazione/Asgi).
Lunedì scorso sette imbarcazioni hanno lasciato le isole tunisine di Kerkennah dirette a Lampedusa. Su quattro viaggiavano migranti subsahariani, sulle altre tunisini. Dopo alcune ore sono state raggiunte dalla Guardia nazionale, che ha riportato tutti a riva. A quel punto i circa cento subsahariani sarebbero stati trasferiti al confine con la Libia dove hanno avuto sorti diverse. Un primo gruppo è stato costretto ad attraversare la frontiera sotto la minaccia delle armi e subito rapito dai libici. Queste persone si troverebbero ora in detenzione in una casa privata a Zuara. Un secondo gruppo prima bloccato a Ras Jadir, dal lato tunisino, avrebbe fatto la stessa fine successivamente. A loro sono stati sequestrati i telefoni e non si conosce la destinazione. Una donna avrebbe invece partorito prima di superare la frontiera, all’aperto. Per questo sarebbe stata trasferita dalle forze armate insieme al marito all’ospedale Ben Guardane. Al momento la coppia è nella città di Sfax.
«Ci sono ancora delle persone intrappolate sul confine, non si capisce se dal lato tunisino o libico», dicono da Avvocati senza frontiere. Le organizzazioni sono riuscite a contattare alcuni dei migranti dopo aver notato una serie di video pubblicati sul web. Le testimonianze raccolte fanno riferimento anche a un’altra espulsione sommaria verso la Libia che sarebbe avvenuta a fine agosto, con molte donne e minori. «L’espulsione del 27 settembre alla frontiera libica non è quindi un caso isolato ma un esempio di prassi comune. Il comportamento delle autorità tunisine viola le disposizioni della Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951, ratificata dalla Tunisia nel 1957», si legge nel comunicato delle otto organizzazioni. Che stanno valutando ulteriori iniziative perché, almeno per ora, dal governo tunisino non sono arrivati riscontri.
Ieri il parlamentare Majdi Karbai (del partito socialdemocratico ed ecologista Attayar) ha parlato della vicenda con il governatore di Medenine, che ha confermato l’intercettazione in mare dei migranti ma ha negato il trasferimento sul confine libico. A Karbai, però, restano molti dubbi: «Con il parlamento bloccato polizia e governo fanno ciò che vogliono. Noi deputati non abbiamo alcun potere di controllo. Bloccare i flussi migratori è un modo per il presidente Saied di accreditarsi in Europa».
La Tunisia ha assunto grande rilevanza nelle politiche italiane ed europee di contrasto dei movimenti di persone. Non solo in rapporto agli accordi bilaterali di riammissione, che ormai permettono 80 espulsioni a settimana da Roma a Tunisi, ma anche per il controllo delle partenze dalle coste. «A dicembre 2020 c’è stata un’intesa tecnica tra il ministero degli Esteri italiano e l’Ufficio delle Nazioni unite per i servizi e i progetti su un programma di 8 milioni di euro per rafforzare la capacità operativa della guardia costiera tunisina e la manutenzione delle sue motovedette», afferma Diletta Agresta, coordinatrice del progetto Sciabaca&Oruka di Asgi. La ministra dell’Interno Luciana Lamorgese è volata a Tunisi ad agosto 2020 e maggio 2021 proprio per assicurarsi maggiore collaborazione nelle riammissioni di chi sbarca e nelle intercettazioni di chi parte. Se in Tunisia esiste una prassi consolidata di espulsioni sommarie e illegali verso la Libia la questione riguarda anche il governo italiano.
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