Ieri Tunisi si è svegliata come non succedeva da un po’ di tempo. Centinaia di persone si sono radunate di fronte al palazzo di giustizia della capitale per protestare contro la recente ondata di arresti che ha coinvolto il paese. Da inizio maggio le custodie cautelari hanno riguardato volti noti della società civile come Saadia Mosbah, presidente dell’associazione Mnemty, giornalisti e avvocati, in particolare Sonia Dahmani e Mahdi Zagrouba.

ERA DA TANTO che non si vedeva una partecipazione di questo tipo. Nonostante i numeri non siano giganteschi, la decisione di accogliere la proposta lanciata dall’Ordine degli avvocati, la cui sede nei giorni scorsi è stata teatro di violente operazioni securitarie da parte della polizia, dimostra che la volontà di opporsi alla stretta repressiva in corso c’è e riguarda ancora una buona fetta della società civile e non solo. Uno degli slogan più pronunciati è stato: «Libertà! Libertà! Fine allo stato di polizia». Un segnale evidente di come sia vissuta la sfera politica in Tunisia. Fin dall’epoca del despota Zine El Abidine Ben Ali, passando attraverso la fase di transizione democratica poi sospesa dal colpo di forza del presidente della Repubblica Kais Saied del 25 luglio 2021, il ministero degli Interni ha sempre giocato un ruolo di primo piano.

UN RUOLO CHE OGGI sta diventando sempre più opprimente. Un episodio lampante riguarda l’avvocato Mahdi Zagrouba: chiamato a comparire di fronte al giudice d’istruzione dopo l’arresto avvenuto lunedì scorso, l’uomo è stato trasportato d’urgenza in ospedale perché il suo stato di salute non gli consentiva più di esprimersi. Da lì a poco gli avvocati di Zagrouba hanno chiesto che venissero fatti degli esami per constatare possibili tracce di violenza a seguito di pratiche di tortura da parte della polizia durante l’arresto e la custodia cautelare. Una versione che ha trovato riscontro da più parti e che ha portato la sezione Medio Oriente e Nord Africa di Amnesty International a chiedere che «le autorità della Tunisia nominino un’indagine indipendente e imparziale sulle accuse per consegnare i responsabili alla giustizia».

ANCORA OGGI nel paese sono centinaia i casi di abusi e torture registrati all’interno degli istituti penali. Successivamente al ricovero in ospedale, i legali di Zagrouba hanno chiarito i capi di accusa nei confronti dell’uomo: oltraggio a un funzionario pubblico nell’esercizio delle sue funzioni e violenza fisica contro due agenti delle forze di sicurezza che sarebbe avvenuta durante l’udienza di convalida d’arresto nei confronti di Sonia Dahmani.

SE DA UN LATO la sensazione che emerge è un lento ma inesorabile aumento della repressione in Tunisia e la progressiva autocensura mediatica della società civile, anche alla luce della dubbia applicazione dell’articolo 54 del Codice penale promulgato nel settembre del 2022 per criminalizzare la diffusione di false informazioni, dall’altro il presidente Saied ha voluto chiarire alcuni punti.

IL 15 MAGGIO al palazzo presidenziale di Cartagine ha convocato diversi ministri per diffondere la sua versione dei fatti: «Chiunque disprezzi la sua patria o commetta il crimine di aggressione nei confronti di un rappresentante dello Stato non può restare al di fuori della resa dei conti e della sanzione. La professione di avvocato è più onorevole rispetto a quella di denigrare il proprio paese o aggredire un agente di sicurezza. Quello che è successo si è svolto nel pieno rispetto della legge che garantisce il diritto a un processo giusto».

KAIS SAIED È NOTO per i suoi discorsi nazionalisti a difesa della popolazione, soprattutto nei confronti degli interessi stranieri. Un concetto che è stato manifestato con gli arresti di diversi esponenti di associazioni tunisine per riciclaggio di denaro e appropriazione indebita e ribadito a parole alla ministra dell’Economia Sihem Boughdiri Nemsia: «Noi vogliamo bene alla società civile ma non quando rappresenta un prolungamento delle potenze e dei paesi esteri. Il popolo deve conoscere l’ampiezza dell’ingerenza nei nostri affari a nome di questa cosiddetta società civile».