Il presidente della Repubblica democratica del Congo, Felix Tshisekedi, invitato dalla sua controparte cinese Xi Jinping, ha fatto ritorno ieri da una visita di quattro giorni nella Repubblica popolare cinese nella quale ha avuto modo di incontrare molte personalità politiche e imprenditoriali cinesi. La visita si è concentrata soprattutto sulle relazioni bilaterali tra Rdc e Cina. Il punto politico più importante è stato il riequilibrio del cosiddetto «contratto del secolo»: un accordo risalente al 2008 in cui si prevedeva lo sfruttamento delle risorse congolesi da parte di diverse società cinesi a fronte della costruzione di infrastrutture. Un accordo che nella pratica non è stato del tutto rispettato dalla parte cinese a spese del paese africano, come afferma l’Ispettorato generale delle finanze della Rdc.

Durante i colloqui l’obiettivo di Tshisekedi è stato quello di riequilibrare e insieme rafforzare la cooperazione tra i due paesi cercando accordi vantaggiosi per entrambe le parti. Ma la visita non si è fermata solo ad ambiti politici, infatti il premier congolese ha incontrato anche Liang Hua, presidente del Consiglio di amministrazione di Huawei. La discussione con il colosso della telefonia cinese si è concentrato sulla trasformazione digitale delle industrie e dello sviluppo sostenibile. «Huawei è presente nella Rdc da 17 anni. L’azienda si impegna a contribuire allo sviluppo sostenibile del Paese» ha affermato Liang Hua al termine dell’incontro. Alla fine dei quattro giorni il premier congolese torna a Kinshasa con un rapporto rafforzato con Pechino, che guarda anche alla difficile situazione dell’est della Rdc

A margine della visita cinese Tshisekedi non ha perso occasione di parlare della situazione delle regioni orientali della Rdc, lamentandosi dell’operato dell’Eac (East african community) nel contrastare il gruppo armato M23 e accusando nuovamente il Ruanda di «un’aggressione codarda e barbara». Oramai da mesi infatti Kinshasa accusa Kigali, di sostenere militarmente la milizia M23: accuse confermate lo scorso febbraio da un indagine indipendente delle Nazioni unite. «Il Ruanda non è il problema, il problema sono quelli che finanziano e danno gli ordini al Ruanda. Il problema sono gli Stati uniti, la Francia, il Belgio e la Gran Bretagna. Il Ruanda è una base militare di questi paesi» dice John Mpaliza, attivista congolese per i diritti umani, che aggiunge «questi soggetti mantengono la situazione com’è perché va a loro vantaggio che il paese rimanga instabile, per rubare più risorse possibili».

La situazione nei due Kivu e nell’Ituri continua a essere critica e gli scontri armati non accennano a fermarsi, nonostante diversi accordi di un cessate il fuoco. Il governo di Kinshasa accusa le forze dell’Eac di non agire contro le milizie dell’M23. Le forze regionali infatti si sono schierate sul campo tra l’esercito congolese e le milizie ribelli, impedendo la riconquista dei territori occupati e non attaccando le posizioni dell’M23. A Giugno il mandato delle forze dell’Eac dovrà essere rinnovato ma «secondo i termini, se i risultati della sua missione non saranno soddisfacenti entro il prossimo giugno, questo contingente dovrà lasciare definitivamente il territorio» ha dichiarato la presidenza congolese. L’insoddisfazione del governo di Kinshasa per l’operato dell’Eac ha portato Tshisekedi, a chiedere aiuto alla South african development cooperation (Sadc).

L’8 maggio si è tenuta a Windhoek, in Namibia, una riunione della Sadc, al termine della quale è stato «approvato il dispiegamento di forze militari per sostenere la Rdc nel ripristinare la pace e la sicurezza nell’est del Paese» ha affermato l’organizzazione in un comunicato stampa.

«Con l’arrivo delle forze della Sadc e la permanenza dei contingenti dell’Eac, sarebbero presenti nella Rdc più eserciti di quelli che c’erano nella seconda guerra del Congo» afferma John Mpaliza, che aggiunge «nella situazione geopolitca mondiale in cui ci troviamo, sono diversi i paesi che si troverebbero nell’est della Rdc, ma diversi sono anche gli interessi e le potenze che li appoggiano». Infatti se i paesi facenti parte dell’Eac sono tutti sostenuti dalle forze occidentali, i membri delle Sadc, come il Sudafrica, lo Zimbabwe, la Namibia e altri, rimangono su posizioni molto critiche rispetto alle politiche della Nato e hanno legami forti con la Cina e la Russia. Alla luce di questi movimenti nelle regioni orientali la visita di Tshisekedi in Cina, assume una forma ben più preoccupante per le potenze occidentali.

«Da sempre sul suolo della Rdc si sono fatte la guerra le grandi potenze per avere il controllo delle tante e fondamentali materie prime che si nascondo nel sottosuolo congolese» ammette tristemente John Mpaliza, che però non si vuole arrendere: «La società civile in Congo è stanca, la gente vuole la pace e questo lo si vede anche durante le tantissime manifestazioni che si tengono quasi giornalmente in molte regioni della Rdc». Con quasi dieci milioni di morti in 30 anni di guerra e oggi con un milione e mezzo di sfollati interni, la popolazione civile si trova schiacciata tra l’incudine e il martello. L’ultimo report della missione di Medici senza frontiere nel Nord Kivu ha denunciato che nei campi profughi intorno a Goma avvengono più di 48 stupri al giorno che si aggiungono ai numerosi abusi che compiono gli eserciti sul fronte. «L’orrore e la violenza sono diventate normalità. Si vive in una situazione infernale e l’unica possibilità è provare a sopravvivere all’inferno» conclude Mpaliza.