Con quattro minuti di discorso piatto e senza empatia, Liz Truss si è presentata agli inglesi come 15esimo primo ministro sotto il regno di Elisabetta II e terzo leader Tory nel giro di poco più di tre anni.

LA GIORNATA ERA INIZIATA con l’addio come al solito colorito di Boris Johnson da Downing Street. Prima di prendere l’aereo per il castello di Balmoral, residenza scozzese a mille chilometri da Londra, da dove la regina non ha potuto spostarsi a causa di una raccomandazione medica per «problemi di mobilità».

Dopo che Truss aveva ripristinato il «baciamano» rottamato da Tony Blair, la foto che immortala l’accettazione dell’incarico di formare il nuovo governo mostra Sua maestà sorridente ma quasi spaesata e allo stesso modo la grande macchia sulla con cui stringe quella della nuova primo ministro non lasciano presagire nulla di buono per la salute della 96enne regina.

Come nulla di buono dovrà affrontare subito Liz Truss. Con una metafora abusata, di ritorno dalla Scozia e davanti a Dowing Street, la nuova leader Tory l’ha definita «tempesta»: guerra in Ucraina, bollette energetiche alle stelle e conseguenze inflazione solo a Londra già a due cifre lo sono certamente. L’ostentato ottimismo sul carattere degli inglesi per superarla lascia invece molti dubbi.

ANCHE PERCHÉ colei che si auto considera l’erede di Margaret Thatcher nel suo primo discorso da premier ha voluto rassicurare soprattutto sulla questione Nhs. La sanità inglese sempre più al collasso è un argomento quotidiano per i cittadini inglesi. L’unica sorpresa del discorso di Truss riguarda proprio la promessa di «costruire nuovi ospedali».

Accompagnata dal consorte Hugh O’Leary, diventato già l’idolo dei tabloid perché nel 2015 seppe perdonare un tradimento e un anno d’abbandono, la 47enne ministra degli Esteri uscente è entrata al numero 10 iniziando subito a costituire il suo gabinetto a partire dalle caselle più importanti facendo subito terra bruciata di chi ha appoggiato il suo competitor alla guida dei Tory, l’ex cancelliere dello scacchiere Rishi Sunak. Così si spiegano gli addii dell’odiato vicepremier Dominic Raab, Grant Shapps, Steve Barclay.

Truss ha vinto la gara fra i Tory basandosi sulla promessa – ribadita anche ieri – di tagliare le tasse. Una promessa totalmente irrealistica con la congiuntura attuale, specie se non deciderà – come invece chiede il Labour Party che nei sondaggi veleggia con 20 punti di vantaggio – di tassare gli extraprofitti delle società energetiche.

La patata bollente sarà nelle mani di Kwasi Kwarteng, primo cancelliere nero del Regno Unito e già ministro proprio dell’Energia. Mentre agli Esteri ci sarà il poco conosciuito James Cleverly.

JOHNSON s’era congedato di prima mattina, con al fianco la funambolica first lady Carrie, rivendicando il lavoro svolto e senza alcun accenno al «party gate» che gli è costato il posto.

La solita litania sull’attuazione della Brexit, la campagna vaccinale, la disoccupazione ai minimi storici e il sostegno in prima fila all’Ucraina contro «i ricatti di Vladimir Putin» non fanno breccia da tempo nel cuore dei britannici ed è dunque parso patetico il paragonarsi a Cincinnato, dittatore richiamato al potere nell’antica Roma dopo la fuga in campagna, come a lasciar balenare un ritorno a dispetto dell’impegno a garantire il massimo sostegno all’erede. Che gli ha tributato parole false – «sarà ricordato fra i primi ministri più importanti della storia» – in totale sintonia con la caratteristica principale di BoJo.