L’ex presidente Trump, appellandosi al diritto protetto dal Quinto emendamento che permette di non rispondere per non autoincriminarsi, si è rifiutato di ribattere alle domande della procuratrice generale di New York, Letitia James, che conduce l’indagine civile sulla attività della Trump Organization.

La procuratrice democratica è una degli arci nemici di The Donald. E la posta in gioco per lui è altissima: per mesi Trump ha cercato di evitare la testimonianza di ieri, consapevole di quanto le sue dichiarazioni potrebbero influenzare l’esito dell’indagine sull’azienda immobiliare di famiglia.

Se alla fine dovesse prevalere la posizione di James, un giudice potrebbe imporgli pesanti sanzioni finanziarie e limitare le sue attività commerciali a New York.

L’INDAGINE ha lo scopo di chiarire se è vero che le società di Trump abbiano gonfiato o sgonfiato i valori dei suoi asset a seconda delle necessità: pagare le tasse o spuntare condizioni finanziarie migliori. Trump ha sempre accusato James di condurre un’indagine motivata politicamente.

Prima di incontrare la procuratrice afroamericana sul suo social network Truth Social ha scritto: «Vedrò la procuratrice generale razzista di New York, per una nuova puntata della più grande caccia alle streghe nella storia Usa».

Nella sua dichiarazione davanti al team di James, ha affermato di non avere «assolutamente altra scelta» se non appellarsi al Quinto. «Una volta ho chiesto: “Se sei innocente, perché hai bisogno del quinto emendamento?” – ha scritto nel suo comunicato – Ora ho capito qual è la risposta a questa domanda». E ha proseguito sostenendo di essere nel mirino di media, avvocati e pubblici ministeri.

«SE AVESSI AVUTO dei dubbi – ha continuato Trump – il raid della mia casa a Mar-a-Lago, lunedì, da parte dell’Fbi solo due giorni prima di questa deposizione, ha spazzato via ogni incertezza».

Sarebbe quindi questa la ragione, secondo lui, per cui ha rifiutato di rispondere alle domande di uno dei suoi accaniti persecutori, «in base ai diritti e ai privilegi concessi a ogni cittadino dalla Costituzione».

Il giudice Arthur Engoron della Corte suprema di Manhattan nella sua sentenza di febbraio, con cui ordinava a Trump e a due dei suoi figli di farsi interrogare da James, ha osservato che i Trump avevano «il diritto di rifiutarsi di rispondere a qualsiasi domanda che secondo loro li avrebbe incriminarli» e ha aggiunto che il loro rifiuto non può essere utilizzato contro di loro in un procedimento penale.

Dopodiché Engoron ha osservato che una giuria in una causa civile è autorizzata a trarre «un’inferenza negativa» quando si «invoca quel diritto contro l’autoincriminazione». In altre parole, James potrebbe sostenere di avere delle basi per presumere che

Trump, rifiutandosi di rispondere, abbia ammesso la propria colpevolezza. Finora né Donald Trump Jr, che gestisce la Trump Organization, né Ivanka Trump hanno invocato il Quinto emendamento nelle comparizioni della scorsa settimana davanti agli investigatori di James. Eric Trump, invece, lo ha fatto circa 500 volte.

AL MOMENTO il team della procuratrice non ha rilasciato dichiarazioni e le mosse della famiglia Trump sono oggetto delle speculazioni di esperti e media.

Resta la retorica di The Donald che da due giorni ha intensificato la narrativa sulla persecuzione personale da parte di chiunque abbia il potere di indagare sulle sue azioni, cercando di mobilitare la solidarietà attiva della sua base.

New York, però, è una piazza molto diversa dalla sua residenza in Florida, dove i sostenitori sono subito accorsi con bandiere e cappellini Make America Great Again. L’isolato sotto il grattacielo in cui Trump è stato interrogato si è riempito di poche dozzine di curiosi, la metà turisti, altri che sembravano lavorare nella zona.

Molti hanno scattato foto della scena o del folto gruppo di giornalisti racchiusi nello spazio riservato ai media sul lato opposto della strada, controllati dai servizi segreti. Nessuno aveva cartelli e striscioni pro Trump.