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Biden: «Una misura di giustizia». Scordati i civili

Biden: «Una misura di giustizia». Scordati i civiliJoe Biden – Ap

Ground 2.0 Gli Usa celebrano la morte del leader del partito di Dio. Ma invocano la «via diplomatica»

Pubblicato 12 minuti faEdizione del 29 settembre 2024

«Una misura di giustizia»: non c’è traccia dell’irritazione per non essere stati informati dall’alleato israeliano dell’attacco su Beirut nella prima dichiarazione di Joe Biden a seguito della conferma della morte del leader di Hezbollah. Ai contenziosi rimasti aperti con Benyamin Netanyahu fa riferimento, indirettamente, solo in chiusura della nota pubblicata sul sito della Casa bianca: «Il nostro scopo è una deescalation dei conflitti in corso sia a Gaza che in Libano attraverso mezzi diplomatici». «In Libano, stiamo negoziando un accordo che consentirebbe alle persone di tornare in sicurezza alle proprie case in Israele e nel sud del Libano». «È tempo – qui l’unica vaga nota di impazienza del presidente Usa – che questi accordi vengano siglati, affinché siano rimosse le minacce a Israele e la regione mediorientale ottenga maggiore stabilità».

PER IL RESTO, ieri è stata la giornata della “celebrazione” della morte di Nasrallah. «La sua morte a opera di un attacco israeliano è una misura di giustizia per le sue tante vittime, fra cui migliaia di civili americani, israeliani e libanesi», afferma Biden. Ma nessuna menzione delle vittime “collaterali” di questa «misura di giustizia»: non solo gli undici sinora confermati dei bombardamenti di venerdì ma gli oltre mille morti dall’inizio dell’escalation del conflitto in Libano. Escalation a cui gli Usa avevano formalmente cercato di porre un argine con un accordo di cessate il fuoco, sostenuto anche dalla Francia, e completamente invalidato da Netanyahu con la sua telefonata, da New York, per autorizzare l’attacco. Benché ore dopo il bombardamento il segretario di Stato Antony Blinken avesse dichiarato che «continueremo a lavorare intensamente con tutte le parti per spronarle» a intraprendere la strada della diplomazia. Nelle sue parole a caldo risuonava una maggiore urgenza rispetto al comunicato del presidente: «Le scelte che tutte le parti faranno nei giorni a venire determineranno il destino della regione, con profonde conseguenze, ora e possibilmente per gli anni a venire».

NEGLI STESSI MINUTI in cui Biden rilasciava il suo comunicato, infatti, il dipartimento di Stato Usa ha diramato un’allerta in cui «incoraggia fortemente i cittadini americani a lasciare il Libano», a non viaggiare nel paese, e ha ordinato ai familiari dei dipendenti dell’ambasciata Usa ad andarsene da Beirut. Chi resta sia «preparato a cercare rifugio» se la situazione dovesse «deteriorarsi ulteriormente».

Nel corso della serata di sabato anche la vicepresidente e candidata democratica Kamala Harris è intervenuta sulla morte di Nasrallah, senza discostarsi dalla posizione assunta da Biden per quanto riguarda la necessità di proteggere i civili evidenziata dall’amministrazione Usa – pur nel suo evidente destino di restare lettera morta – per quanto riguarda l’offensiva israeliana a Gaza.
Naturalmente non cambia la valutazione del leader del Partito di Dio: «Era un terrorista che aveva sangue americano sulle sue mani», «ha destabilizzato il Medio oriente e causato la morte di innumerevoli persone innocenti in Libano, Israele, Siria e in tutto il mondo». «Sosterrò sempre il diritto di Israele a difendersi contro l’Iran e i gruppi terroristici da esso sostenuti come Hezbollah, Hamas e gli Houthi». Segue ancora una volta il poco incisivo appello a una «soluzione diplomatica»: «Il presidente Biden e io non vogliamo vedere una escalation del conflitto in una più ampia guerra regionale».

IL DIRITTO all’autodifesa era stato, poche ore prima, anche il fulcro dello stringato comunicato del segretario alla Difesa Lloyd Austin, a seguito di una chiamata con il suo omologo israeliano Yoav Gallant. Ma a riprova del caos apertosi negli Usa dopo l’attacco si trattava della seconda chiamata nel giro di poche ore: durante il primo contatto fra i due ministri subito dopo il bombardamento di Beirut il comunicato del segretario della Difesa era stato più lungo, e attento a specificare che «gli Stati uniti non erano coinvolti nell’operazione israeliana» e «non ne erano a conoscenza».

L’UNICO URLO nel silenzio delle cancellerie occidentali – al di là dei richiami di tutti i ministeri degli Esteri europei ai propri cittadini affinché lascino il Libano – è ancora una volta quello del segretario delle Nazioni unite Antonio Guterres: «Il ciclo della violenza deve finire. Tutte le parti devono ritirarsi dal baratro. I cittadini del Libano, quelli di Israele non possono permettersi una guerra totale».

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