Trump minaccia, cambia idea e May diventa «straordinaria»
The Donald a Londra Al «Sun» il presidente americano aveva definito «fallimentare» la gestione della Brexit
The Donald a Londra Al «Sun» il presidente americano aveva definito «fallimentare» la gestione della Brexit
Giovedì sera in Oxfordshire il set era crepuscolar-distopico: un po’ Downton Abbey, un po’ Il profeta, il film di Jacques Audiard del 2009: le spalle alla maestosa facciata di Blenheim Palace al tramonto, una coppia matura in inappuntabili abiti di gala attende che dall’immenso parco antistante si materializzi il convoglio pesante su cui viaggia l’atteso ospite. Un po’ sperduti in tanta grandeur, Theresa May e il marito accolgono i coniugi Trump nella tappa britannica (visita «di lavoro», non ufficiale) del loro tour europeo.
LE CENTINAIA DI TONNELLATE di solido acciaio americano su ruote dell’auto presidenziale – l’uomo più pericoloso viaggia sempre nell’auto più sicura – emettono i Trump sull’erba sbiadita del giardino ducale e le due coppie si scambiano convenevoli prima di gustare un intermezzo bandistico e avviarsi a cena. Tanta magniloquenza protocollare non faceva che aumentare quell’effetto involontariamente tutto gattopardesco con cui Downing Street cerca di lusingare il villan rifatto della Casa bianca, protetto prudentemente da un itinerario che non gli facesse vedere la marea umana che per le strade della capitale, e in tutte le maggiori città, proprio in quel momento, protestava contro la sua stessa presenza.
A QUEL PUNTO THERESA MAY non sapeva ancora dell’intervista già concessa da Trump al Sun dell’amichetto Murdoch, letteralmente deflagrata nei media ieri, poco prima dell’incontro e della conferenza stampa con May a Chequers a ora di pranzo. Un’intervista di ben mezz’ora, in cui Trump prende a pesci in volto la premier britannica che avrebbe incontrato a breve, non senza tralasciare d’immischiarsi indebitamente negli affari privati del Paese che lei rappresenta e che lo ospita. Dove fra le altre cose ha detto che la strategia della premier nel negoziato Brexit è fallimentare perché troppo sbilanciata verso una Brexit morbida e soprattutto mette a repentaglio la possibilità di quei trattati bilaterali sul commercio di cui il Regno unito avrà bisogno più che mai dopo il 29 marzo prossimi, data in cui avrà lasciato l’Ue: questo il succo, unitamente a lodi sparse per «il mio amico» Boris Johnson appena dimissionario agli esteri per la Brexit troppo «molle» che lei sta eroicamente negoziando con se stessa.
«SAREBBE UN OTTIMO PREMIER» ha giurato Trump, mandando senz’altro di traverso il porridge mattutino a Theresa, che ora si ritrova con i kamikaze euroscettici ringalluzziti da un presidente che ripete in buona sostanza e con accento yankee molto di quello che dice Nigel Farage. La sua intervista col Sun? «Fake news». Rupert avrà avuto un sobbalzo.
IERI ERA UN ALTRO GIORNO nel Trumpland, e alla conferenza stampa congiunta a ora di pranzo, dove lo avrebbero fiocinato di domande, il presidente ha attivato la modalità «damage control». May è stata dunque debitamente seppellita di complimenti (tanto sinceri che parevano elencati al telefono), in una prolusione letta diligentemente dove gli avevano riassunto alcune delle tappe fondamentali della partnership dei due Paesi dal 1776 a oggi. Un rapporto «il più possibile» speciale, ha giurato Trump, con lo scopo di rassicurare gli atlantisti repubblicani. Alle domande della Cnn non ha nemmeno risposto.
DAL CANTO SUO, MAY si è guadagnata sul campo l’epiteto che meglio descriveva Tony Blair – ribattezzato «Teflon Tony» perché capace di farsi scivolare addosso qualunque cosa pur di ottenere i suoi obiettivi: inghiottito a forza il porridge mattutino, Teflon Theresa non ha fatto cenno all’elefante nella stanza, lasciando che Trump rispondesse con il suo ben noto, rapsodico flusso di coscienza che lui e Theresa si trovano in perfetta sintonia, che lui ha rimesso in sesto la Nato in chiave anti-russa, e che la sua unica preoccupazione è che il Regno unito resti impelagato troppo nelle regole europee per permettere una partnership commerciale come si deve ai due Paesi.
POI TRUMP è stato di nuovo aviotrasportato nella residenza dell’ambasciatore a Londra, dove dall’alto avrà visto la marea umana contro di lui e forse anche il pallone gonfiato che lo ritrae in modo così efficace, per poi infine concedersi la sospirata tazza di tè in porcellana Wedgwood al castello di Windsor con la monarca. Domani golf in Scozia, e lunedì una bella sauna finlandese con Putin per risolvere Crimea, Ucraina e Siria e tornare a casa in mezzo agli osanna della rust belt.
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