Donald Trump è stato giudicato colpevole di aver sessualmente abusato della giornalista E. Jean Carroll nel 1995 da un tribunale civile di New York che lo ha ugualmente giudicato responsabile di aver successivamente diffamato la vittima.

La giuria ha impiegato meno di tre ore nell’annunciare il verdetto nella causa civile, non quindi un procedimento penale, ma un processo per danni.

L’ex presidente degli Stati uniti è stato condannato dal giudice ad un risarcimento di cinque milioni di dollari.

I fatti contestati risalgono al 1995 quando, stando alle accuse della donna, Trump l’avrebbe seguita in un camerino di un grande magazzino di New York aggredendola e violentandola. La giuria non si è pronunciata sull’accusa di violenza carnale optando per il capo “minore” di “abusi di natura sessuale”.

foto Jean Carroll al tribunale di New York
E. Jean Carroll all’ingresso della corte federale di Manhattan prima del verdetto di colpevolezza di Donald Trump, foto Ap

Dagli anni ’70, almeno 26 donne hanno formulato accuse simili nei confronti di Trump che a suo tempo – in un fuori onda del 2016 – aveva affermato di avere la consuetudine di afferrare i genitali femminili dato che “quando sei famoso te lo lasciano fare.”

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Nel caso della Carroll, l’ex presidente, ed ora nuovamente candidato alla nomination per la Casa Bianca, ha invece ripetutamente negato le accuse, alternando insulti alla vittima definita “mitomane” e “truffatrice,” all’insistenza di “non sapere nemmeno chi sia” aggiungendo che “non sarebbe comunque il mio tipo”. Il verdetto, pur non avendo carattere penale, conferisce invece ragione legale alla versione della donna.

Poco dopo l’annuncio, Trump ha postato in stampatello sul suo Truth Social: “Non ho la minima idea di chi sia questa donna. Questo verdetto è uno scandalo – la continuazione della peggiore caccia alle streghe di tutti i temi!”.

Trump ha anche paventato un ricorso in base all’essere stato “silenziato” dal tribunale che gli avrebbe impedito di replicare alle accuse. In realtà il giudice ha ripetutamente offerto all’imputato – regolarmente rappresentato da un legale – di testimoniare nel processo.

La vicenda si inserisce nella scia di procedimenti legali contro l’ex presidente che rischia di allungarsi a dismisura nell’anticipo alle elezioni del 2024.

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Lo scorso 4 aprile erano state formalizzate nei suoi confronti imputazioni di falso in bilancio relative ai pagamenti versati per ottenere il silenzio dell’attrice porno Stormy Daniels con cui aveva avuto una relazione. Il processo in quel caso verrà celebrato a dicembre.

Proseguono anche le indagini sul tentativo di Trump di sovvertire i risultati elettorali in Georgia nel 2020 e quelle del procuratore speciale Jack Smith che indaga sulla sottrazione indebita di documenti presidenziali rinvenuti nella residenza di Trump a Mar A Lago e sul tentato golpe del 6 gennaio 2021.

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In questo contesto, il verdetto di New York è di entità più lieve e non è chiara l’entità del danno politico che potrebbe arrecare al candidato Trump – specie con una base che ha già dimostrato di non essere condizionata dalle vicende personali del proprio beniamino. Tuttavia, nel contesto di quello che rischia di diventare un accumulo di imputazioni e probabili condanne, il verdetto non è certo un segnale positivo per le future prospettive politiche di Trump.