«Trimestre anti inflazione», Urso parte senza i produttori
Propaganda di Governo Firmano solo grande distribuzione e commercianti A settembre i criteri per vendere beni calmierati. I consumatori: «Una sceneggiata di governo». Il carrello della spesa è 3 punti sopra l’inflazione, ma il vero rischio è il calo dei consumi
Propaganda di Governo Firmano solo grande distribuzione e commercianti A settembre i criteri per vendere beni calmierati. I consumatori: «Una sceneggiata di governo». Il carrello della spesa è 3 punti sopra l’inflazione, ma il vero rischio è il calo dei consumi
Una firma che rimanderebbe a un’altra firma che dovrebbe attuare un piano che forse partirà da ottobre. La sfilza di periodi ipotetici dà la cifra della pochezza dell’accordo contro l’inflazione sbandierato a favor di telecamere dal ministro Adolfo Urso.
Il «trimestre anti inflazione» – dal 1° ottobre al 31 dicembre una serie di prodotti di prima necessità a prezzi calmierati in negozi, super e ipermercati aderenti all’iniziativa – nasce già monco e rischia di affondare ancor prima di partire. La domanda centrale è: chi sta usufruendo dell’inflazione da profitti (greed inflation) che porta il carrello della spesa a viaggiare a livelli di aumenti da 9,4%, superiori di 3 punti all’inflazione di giugno?
NEL PIÙ CLASSICO dello scaricabarile italiota, grande distribuzione e commercianti si scambiano accuse con industria alimentare e produttori. Mentre qualcuno inizia a parlare di «inflazione climatica» per tenersi i profitti buttando la palla in tribuna.
A firmare l’accordo tanto voluto dal ministro del Made in Italy del governo Meloni ieri mattina sono state solo le organizzazioni dei distributori e dei dettaglianti. «Con il paniere calmierato siamo convinti di poter dare un definitivo colpo all’inflazione riconducendola a livelli naturali», assicura infatti Urso, promettendo la costituzione di un tavolo permanente entro settembre per affrontare tematiche specifiche legate al comparto della distribuzione.
Le polemiche divampate già giovedì fra le distribuzione e produttori ieri però non si sono assopite. Anzi. E partono sempre dallo stesso assunto: «Noi abbiamo ridotto i nostri margini, sono gli altri che speculano». E specularmente arriva dagli altri l’accusa reciproca.
«Facciamo la nostra parte anche riducendo i margini operativi, per tutelare il potere d’acquisto delle famiglie. Auspichiamo che questo impegno sia condiviso anche dall’industria», afferma la vicepresidente di Confcommercio, Donatella Prampolini. Confesercenti, che una volta era di sinistra, dal canto suo, la definisce «un’intesa molto impegnativa» ma «a favore dei consumatori». Carlo Alberto Buttarelli di Federdistruzione, che unisce i giganti dei supermercati, continua ad essere il più duro con i produttori: «Nonostante il no dell’industria, con grande senso di responsabilità, abbiamo deciso di proseguire per trovare insieme alle istituzioni soluzioni concrete per le famiglie». Stessa musica anche da Federfarma – che rappresenta anche chi ha fatto profitti incredibili durante la pandemia – che aderisce «con convinzione» all’invito del ministero.
MA GLI INDUSTRIALI non ci stanno. «Non ha nessun senso un accordo del genere, chiuso solo con la Grande distribuzione organizzata», protesta l’amministratore delegato di Filiera Italia, Luigi Scordamaglia. Dello stesso avviso anche il direttore generale di Centromarca, Vittorio Cino, secondo cui il protocollo di Urso «rischia, di soffocare le piccole imprese, scaricando su di loro i costi dei beni calmierati: serve coinvolgere anche i produttori di materie prime, grandi assenti del confronto di questi giorni».
STESSA RICHIESTA DALLE SIGLE dell’industria alimentare – Assica, Assitol, Assocarni, Assolatte, Italmopa e Unione italiana food – attaccano: «Abbiamo assorbito quanto più possibile le oscillazioni dei costi per evitare di scaricarli sui consumatori, come dimostrano i prezzi alla produzione, vale a dire i prezzi di cessione alla distribuzione, che si attestano ben al di sotto del tasso di inflazione medio. Qualunque impegno sul valore del prodotto finito non può prescindere da un coinvolgimento di tutti gli operatori della filiera alimentare compresi materie prime, energia, packaging, logistica che concorrono al valore finale».
IL GIUDIZIO PIÙ TAGLIENTE sull’accordo lo danno però i consumatori: «Una sceneggiata, un’operazione di marketing e di facciata fatta dal ministro Urso solo per poter dire agli italiani, attraverso spot su tutti i canali media, di essere intervenuto contro l’inflazione ma che è priva di qualunque impegno concreto e di effetti reali per le tasche degli italiani», attacca Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori.
LA PROVA DEL NOVE su quanto funzionerà – da ottobre – l’accordo sarà sul differenziale fra inflazione e carrello della spesa: se si ridurrà dal 3%, Urso potrà legittimamente festeggiare. Più probabile però che prima di allora si aggravi il calo dei consumi: già partito, seppur contenuto (vendite al dettaglio – 0,2% in valore, -0,7% in volume) a giugno. Quello è il vero lo spauracchio per tutti gli attori in gioco.
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