Tre naufragi al largo di Lampedusa e decine di corpi rinvenuti sulle coste di Tunisia e Libia. È il bilancio dell’ennesima giornata di morte nel Mediterraneo. Nella prima tragedia, avvenuta ieri mattina, si contano un cadavere e 20 dispersi, tra cui alcuni bambini. I sopravvissuti hanno raccontato di essere partiti sabato sera da Sfax su un barchino in ferro che si è ribaltato a 20 miglia dalla meta. In 40 sono stati salvati dal peschereccio tunisino Mohamed Amine. Sul caso è stata aperta l’inchiesta di rito. Qualche ora più tardi nello stesso tratto di mare, ma nell’area in cui i soccorsi sarebbero di competenza maltese, è affondata un’altra imbarcazione. La guardia costiera italiana ha tratto in salvo 42 persone. Il terzo naufragio è avvenuto durante un intervento della guardia di finanza. Forse l’agitazione a bordo, oltre alla forte instabilità dei mezzi in ferro, ha causato il ribaltamento. Una giovane donna è affogata. 36 persone sono state salvate.

TRA DOMENICA E LUNEDÌ sulla maggiore delle Pelagie ci sono stati 35 sbarchi, ma mentre scriviamo altri 20 mezzi sono in mare. Sfax è il principale luogo di partenza. Le persone sono originarie soprattutto dell’Africa Occidentale – Costa d’Avorio, Guinea, Burkina Faso e Chad le nazionalità prevalenti – e in misura minore di Sudan, Eritrea, Nigeria e altri paesi. «Alcuni avevano segni di violenze, ci hanno raccontato di essere stati picchiati dalla polizia», dice Giovanni D’Ambrosio, che con Mediterranean Hope fornisce assistenza umanitaria al molo Favaloro. Circa 1.200 le persone arrivate. L’hotspot è di nuovo sovraffollato, nonostante le promesse del governo. «All’interno registriamo ancora condizioni critiche», denuncia Save The Children.

INTANTO IN TUNISIA sono stati recuperati 31 corpi tra le coste di Sfax, Mahdia e Gabes. Lo ha riferito il portavoce della Guardia nazionale Houcem Eddine Jebabli. I cadaveri erano in stato di decomposizione, vittime di diversi naufragi non identificati con precisione. Sarebbero tutti subsahariani. Tra loro due donne e due bambini. Sono invece 34 i corpi che il mare ha restituito nell’ultima settimana sulle coste libiche. Lo ha fatto sapere la Croce rossa del paese nordafricano impegnata nelle operazioni di recupero. Il 2023 sta facendo segnare stragi da record lungo la rotta migratoria del Mediterraneo centrale, i più alti dal 2017 secondo i numeri dell’Oim. Le vittime sono già 537 dal primo gennaio.

«DAVANTI ALLA MORTE evitabile di persone in cerca di salvezza gli Stati hanno la responsabilità inderogabile di salvare. Lasciare che i migranti perdano la vita non è questione di schieramenti politici, ma di umanità», attacca padre Ripamonti, presidente del centro Astalli. Per il governo, però, le stragi in mare non sono una priorità. Dopo i fatti di ieri dalle parti della maggioranza non ci sono state reazioni. Anzi, continuano gli ostacoli alle navi Ong che potrebbero aiutare la guardia costiera sovraccaricata di richieste d’aiuto.

COME FATTO ieri dal veliero Astral di Open Arms che ha salvato 47 persone in un intervento coordinato dalle autorità italiane: dopo la distribuzione dei giubbotti il solito barchino in ferro si è ribaltato ma i naufraghi sono stati tutti soccorsi. È stato assegnato il porto di Lampedusa: Astral è una piccola imbarcazione che non avrebbe potuto raggiungere destinazioni lontane con i superstiti a bordo. Le più grandi Geo Barents e Humanity 1 sono state spedite a Napoli e Ravenna con 75 e 69 migranti. La seconda arriva oggi dopo cinque giorni di navigazione. Nei giorni scorsi la Ong che la gestisce, insieme a Sea-Eye e Mission Lifeline, ha presentato un’azione legale contro la prassi del Viminale di indicare porti lontani.