Economia

Tre euro al mese per le sole «minime»: ecco gli aumenti spuntati da Forza Italia

Tre euro al mese per le sole «minime»: ecco gli aumenti spuntati da Forza ItaliaUn anziano in fila all'Inps – Foto Ansa

Pensioni Lunedì in piazza Spi Cgil e Uilp. Presi in giro anche per i precari: per non andare a 70 anni si somma la «complementare»

Pubblicato 2 giorni faEdizione del 24 ottobre 2024

La promessa è stata mantenuta, sebbene sotto forma di beffa. Forza Italia chiedeva a Giorgetti di alzare le pensioni minime e il ministro lo ha fatto: dagli attuali 614,77 euro al mese attuali a 617,90 euro. Ben 3,13 euro al mese, pari a 10 centesimi al giorno. Pari al 2,2% in più dell’inflazione prevista. E ci sono già buone notizie anche per il 2026: un altro euro è già garantito, pari a un altro 1,3%.

C’è da immaginare i festeggiamenti che staranno facendo gli 1,8 milioni di pensionati al minimo. A Forza Italia in realtà interessa solo una parte di questi: commercianti e artigiani che hanno eluso di versare i contributi per decenni e si trovano con pensioni da fame.

Ad aumentare la beffa c’è la premessa dell’articolo 25 voluto da Giorgetti per motivare la scelta: «A completamento degli interventi transitori finalizzati a contrastare le tensioni inflazionistiche registrate negli anni 2022 e 2023 e nelle more dell’avvio di un programma di potenziamento, compatibile con gli obiettivi di finanza pubblica, delle misure strutturali vigenti a sostegno dei pensionati in condizioni disagiate». Una vera presa in giro.

Per tutti gli altri 15 milioni di pensionati, rispetto all’anno scorso è andata sicuramente meglio. Anche perché peggio sarebbe stato impossibile. La legge di Bilancio dedica al capitolo pensioni solo sei articoli. Se l’anno scorso il taglio alla perequazione degli assegni era stata la prima voce di entrate della manovra, quest’anno Giorgetti ha sfruttato la bassa inflazione per travestirsi da buono e concedere il cosiddetto «metodo a scaglioni Prodi» previsto nel 2011 e che doveva tornare da anni ma era sempre posticipato: prevede l’indice di rivalutazione delle pensioni nella misura del 100% per importi fino a quattro volte il trattamento minimo Inps (circa 1.500 euro netti), poi del 90% per gli assegni tra quattro e cinque volte, del 75% per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici superiori a cinque.

In realtà un taglio c’è anche quest’anno: non ci sarà il recupero dell’inflazione per le pensioni dei residenti all’estero (articolo 27) a meno che non siano assegni fino al trattamento minimo.

Per il resto, come previsto, vengono prorogate gli ormai ben poco utilizzati strumenti di «flessibilità in uscita». Dal flop Quota 100 rimane la Quota 103 prevista l’anno scorso: per utilizzarla servono 63 anni di età e 40 di contributi. Confermati anche Opzione donna e Ape sociale – in pratica solo per disoccupati o badanti – che hanno ormai paletti così stretti che possono essere utilizzati solo da 10 mila persone l’anno.

I sindacati dei pensionati però hanno paura di ulteriori beffe da parte del parlamento e per questa ragione sono già mobilitati. Lunedì saranno in piazza in tutta Italia Spi Cgil e Uilp.

Il governo poi aveva sostenuto di volersi occupare dei giovani e delle loro prossime pensioni da fame ma in realtà su questo capitolo ha fatto ancora meno di quanto promesso.

Se per i precari era certo l’ennesimo «no» alla pensione contributiva di garanzia» – lo strumento già usato in Svezia per garantire un «pavimento» a 65 anni con 40 anni di attività, intesi come anni di lavoro compresi quelli con buchi contributivi a causa della precarietà, col vantaggio di costare allo stato solo al momento del pensionamento, in gran parte dopo la gobba pensionistica prevista nel 2040 – il sottosegretario Durigon aveva annunciato un rafforzamento della previdenza complementare.

Ebbene, è stato cancella ancche l’ennesimo «semestre di silenzio assenso» per aumentare il numero dei lavoratori che vi aderiscono e l’unica norma lasciata rasenta il ridicolo: prevede la «possibilità, dal 2025, di utilizzare la rendita della pensione integrativa per i lavoratori che non riescono a raggiungere l’importo minimo dell’assegno sociale con la loro sola contribuzione. Insomma, per poter dire che nessuno sarà costretto ad andare in pensione oltre i 67 anni – perché con la pochezza di contributi versati dai precari non si raggiunge nemmeno la pensione minima – il governo concede di utilizzare anche la previdenza complementare.

Una vera presa in giro per tutti coloro che hanno subito la precarietà in questi decenni.

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