Internazionale

Tre anni di golpe, un Myanmar più povero e una giunta più debole

Tre anni di golpe, un Myanmar più povero e una giunta più deboleMilitari della giunta golpista birmana – Ap

Anniversario in sordina, tra carenza di contanti e carburante e una guerra che si percepisce ovunque. La Resistenza tiene e si avvicina ai centri simbolo del potere militare

Pubblicato 9 mesi faEdizione del 2 febbraio 2024
Theo GuzmanDI RITORNO DA MANDALAY

Rinnovo dello stato di emergenza di altri sei mesi ed ennesimo rinvio delle elezioni. La Giunta birmana ha celebrato ieri un po’ in sordina il terzo anno di governo dal golpe del febbraio 2021 mettendo a bilancio l’ennesimo rinnovo del pugno di ferro.

Min Aung Hlaing, il capo della Giunta che molte voci danno in difficoltà anche dentro i ranghi colpisti – tanto da ipotizzare una sostituzione – si è limitato a dire che l’esercito del Myanmar farà «tutto il necessario» per schiacciare l’opposizione al suo governo. Intanto la guerra avanza e l’apparenza tranquilla delle poche città birmane sotto lo stretto controllo di Tatmadaw, l’esercito che risponde ai militari golpisti, a prima vista può ingannare.

Ma a farci caso si capisce presto che qualcosa non va. Il traffico è meno caotico e alle pompe di benzina, quando non sono chiuse, c’è una lunga fila e la benzina è razionata. Costerebbe poco più di un dollaro al litro al cambio ufficiale ma ormai il cambio ufficiale è solo un bollettino senza alcun riscontro col mercato reale: così evidente che persino in un aeroporto internazionale, dove atterrano voli a mezza capienza, i cambiavalute scambiano l’euro a 3.400 kyatt anziché ai 2.400 ufficiali. Con un’inflazione del 30% che incide soprattutto su cibo e carburante, i golpisti, oltre alla guerra e a oltre 2,5 milioni di profughi, possono vantare anche un’inflazione al 30%.

NEI MERCATI, i pomodori, le patate o lo spinacio d’acqua ammiccano dai banconi a un pubblico che conta gli spiccioli. Fuori dai grandi centri sotto controllo – bolle in una situazione che vede la Resistenza all’attacco in quasi tutti gli Stati dell’Unione – i checkpoint sono diventati più attivi e i blocchi stradali più numerosi.

La polizia controlla i documenti con una certa attenzione mentre i militari guardano distrattamente le carte di identità e riscuotono la mazzetta dall’autista. Ci dev’essere un ordine di scuderia per i rarissimi stranieri. Grandi sorrisi ai quattro gatti che portano valuta pregiata: cash, perché nel Myanmar dei generali le banche non lavorano e le carte di credito non funzionano.

Gli effetti della guerra si vedono insomma dovunque, anche nelle aree – forse un quinto del territorio – dove Tatmadaw ha un controllo ancora diffuso. Controllo che si va assottigliando e che ormai ha reso a rischio anche alcune direttrici di grande traffico come la strada che va da Mandalay al confine cinese passando per lo Stato Shan, sotto attacco da fine ottobre. A dicembre, la Resistenza ha colpito persino Mandalay con tre droni che hanno centrato il Comando generale (nel Palazzo reale) e due posti di polizia.

Poco più che un’azione dimostrativa ma che dice: «siamo vicini». Così vicini che in gennaio la Resistenza ha conquistato un villaggio a soli 30 chilometri da Pyin Oo Lwin, un’ex stazione coloniale britannica oggi sede dell’accademia militare dove vengono addestrati gli alti gradi dell’esercito. E Pyin Oo Lwin è a soli sessanta chilometri da Mandalay.

L’offensiva detta Operazione 1027, iniziata con la fine delle piogge, ha radicalmente cambiato il quadro militare e spinto la Cina a tentare una mediazione tra una parte della Resistenza e la Giunta. Una pausa più che un cessate il fuoco e che può dirsi sostanzialmente fallita.

SE HA RAGIONE Ko Ko, un signore attempato che vede il bicchiere mezzo pieno, il futuro promette bene: «Cadranno tra quattro mesi», dice convinto sorseggiando il suo tè. Gli analisti però mettono in guardia su un eccesso di galvanizzazione ma uno di loro, incontrato in Thailandia, è convinto della svolta anche se non si sbilancia.

Il terzo anniversario intanto si riempie anche di condanne: il segretario Onu Guterres chiede un percorso verso una transizione democratica con il ritorno al governo civile mentre la Ue minaccia ulteriori misure restrittive. Volker Türk, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, è più diretto: «In mezzo a tutte le crisi che affliggono il mondo, è importante che nessuno venga dimenticato. Il popolo del Myanmar soffre da troppo tempo e la sua situazione è ulteriormente peggiorata a causa delle tattiche di lunga data dei militari per prenderli di mira». Non si tratta certo di una mira simbolica.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento